ILARIA ULIVELLI
Salute

Perché la sordità nei bambini non è più una condanna, lo spiega il professor Franco Trabalzini

Il responsabile dell’Otorinolaringoiatria pediatrica dell’azienda ospedaliera universitaria Meyer Irccs di Firenze: "Con diagnosi precoce, tecnologie avanzate e un’équipe competente, un bambino sordo può parlare, sentire, vivere”

Il professor Franco Trabalzini, responsabile dell’Otorinolaringoiatria pediatrica dell’azienda ospedaliera universitaria Meyer Irccs di Firenze

Il professor Franco Trabalzini, responsabile dell’Otorinolaringoiatria pediatrica dell’azienda ospedaliera universitaria Meyer Irccs di Firenze

Firenze, 15 giugno 2025 – Un tempo era una condanna. Oggi è una sfida vinta. Fino a vent’anni fa, un bambino con sordità profonda rischiava l’isolamento. Non sentiva, quindi non parlava. Cresceva ai margini. Ora non più. Non esiste sordità che non possa essere trattata. Con un intervento tempestivo, anche un bambino con ipoacusia grave può sviluppare linguaggio e relazioni come un coetaneo normoudente. Ne abbiamo parlato con il professor Franco Trabalzini, responsabile dell’Otorinolaringoiatria pediatrica dell’azienda ospedaliera universitaria Meyer Irccs di Firenze, recentemente insignito al Quirinale della medaglia al “Merito della Sanità Pubblica”, l’alto riconoscimento conferito dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, su segnalazione del ministro della Salute, Orazio Schillaci.

Cos’ha rotto il muro del silenzio?

"La svolta arriva nel 2001, con l’introduzione dello screening neonatale uditivo universale. In parole semplici: ogni neonato viene sottoposto a un test che dura pochi minuti, mentre dorme. Una sonda rileva l’attività della coclea, la parte dell’orecchio interno responsabile della trasformazione delle vibrazioni sonore in impulsi nervosi, che poi vengono inviati al cervello per essere interpretati come suono. Non fa male, non disturba, ma può cambiare una vita. È stato raccomandato dal ministero della Salute nel 2007 ed è entrato nei Livelli essenziali di assistenza. Oggi è prassi in molte regioni, con la Toscana in prima linea: qui la copertura sfiora il 100%".

Il tempo è tutto.

"Nei primi mesi di vita il cervello è una spugna: è la cosiddetta plasticità cerebrale, il periodo d’oro per imparare a comunicare. Per questo, se c’è un sospetto di sordità, la diagnosi deve arrivare presto. Nei centri specializzati, a due mesi si può già sapere con certezza. A tre mesi si mettono le protesi acustiche. Se non bastano, si procede con l’impianto cocleare bilaterale entro il primo anno".

Cos’è un impianto cocleare?

"Si tratta di uno strumento elettronico costituito da due parti: un processore sonoro esterno e un ricevitore-stimolatore interno. Un minuscolo filo di elettrodi, sottile meno di mezzo millimetro, viene inserito nella coclea. Stimola direttamente il nervo acustico, sostituendo le cellule danneggiate. Risultato: il bambino, prima sordo, sente".

E dopo? Inizia la scoperta del mondo.

"Il percorso non finisce in sala operatoria. È lungo, ma pieno di conquiste. Il logopedista gioca un ruolo centrale: aiuta il bambino a scoprire il suono, a usarlo, a farlo proprio. È lui che accompagna la famiglia nella fase forse più delicata: imparare a comunicare con la voce".

I genitori oggi non devono più disperare.

"A chi riceve una diagnosi di sordità per il proprio figlio, possiamo dire con serenità: non siete soli e la scienza è dalla vostra parte. Il trattamento è personalizzato, seguito da un team multidisciplinare: audiologo, logopedista, otochirurgo. L’obiettivo non è solo sentire, ma vivere pienamente".

Le cause di sordità non sono tutte uguali.

"La sordità può essere trasmissiva – riguarda il timpano e la catena degli ossicini, martello, staffa e incudine – e spesso si risolve con la chirurgia. Oppure neurosensoriale, quando è colpita la coclea o il nervo acustico. In questo caso si usano protesi o impianti cocleari. La scelta dipende dall’origine: genetica, infettiva, traumatica".

E se l’orecchio è malformato?

"Anche in questi casi – che riguardano il 20% dei bambini con sordità grave – l’intervento è possibile. La riuscita varia in base alla malformazione, ma il messaggio resta: non è più un tabù, è una possibilità concreta".

Tecnologia: non solo suono, anche connessione.

"Gli impianti cocleari moderni sono sofisticati. Migliorano la comprensione del parlato e persino della musica. Si controllano con app, si connettono via Bluetooth, si integrano con strumenti per scuola, Tv, riunioni".

Il futuro? Minuscolo, invisibile, intelligente.

"Si lavora a impianti miniaturizzati e completamente invisibili, con interfacce neurali sempre più evolute. L’obiettivo: avvicinare sempre di più l’esperienza uditiva artificiale a quella naturale".

E oltre: la genetica.

"L’ultima frontiera è l’editing genetico. Non è fantascienza. È realtà sperimentale. Si studiano tecniche per correggere i geni difettosi direttamente nelle cellule dell’orecchio interno, usando vettori virali. Oggi è riservato a pochi casi, ma domani potrebbe essere un nuovo capitolo".

In sintesi? Il silenzio non è più una condanna.

"Con diagnosi precoce, tecnologie avanzate e un’équipe competente, un bambino sordo può parlare, sentire, vivere. Non è un miracolo. È scienza. È medicina. È impegno quotidiano".