
Il Punto Intervento Rapido Centro Est a Prato (Foto Attalmi)
Firenze, 10 giugno 2025 – Concluso il primo semestre di sperimentazione per i sei Punti di intervento rapido (Pir) dell’Asl Toscana centro, pensati per gestire le urgenze minori attenuando la pressione sui pronto soccorso. Il servizio è partito il 4 dicembre 2024. In sei mesi, con numeri in costante crescita, gli accessi hanno toccato una media di 38 al giorno, per un totale di 5.369 persone assistite. La valutazione degli addetti ai lavori è positiva. Ma senza trionfalismi: molti cittadini ancora non conoscono il servizio. E, soprattutto, continuano a preferire gli accessi diretti — quelli senza filtro del medico di base. I dati lo confermano: il Pir accanto al Pronto soccorso di Torregalli (Firenze) assorbe da solo il 38% degli accessi; quello di Figline Valdarno, all’ex centro medico avanzato del Serristori, il 29,5%. Diverso l’andamento nelle case della comunità — Piagge (Firenze), Ceppo (Pistoia), Centro Est (Prato), Sovigliana (Empoli) — dove si accede solo con invio del medico di famiglia e solo nei giorni feriali, dalle 8 alle 20. Qui è passato il 32% degli utenti. Ed è proprio questo il modello su cui si insiste, nella casa della comunità, fulcro della riforma dell’assistenza territoriale. Una riforma ancora sulla carta, rallentata da una realtà ostinata: mancano medici e infermieri. Per questo la Regione è pronta a prorogare la sperimentazione per altri sei mesi, ma senza estenderla alle altre due Asl toscane. Serve tempo. E serve una correzione di rotta. Il nodo è l’accesso. La nuova delibera prevede che, oltre ai medici di base, anche il 116117 (guardia medica) possa indirizzare i pazienti verso i Pir delle case della comunità. Mentre negli ambulatori ospedalieri resterà attivo l’accesso diretto.
Una partenza a rilento, ma in crescita, quella dei Pir. Chi ha usato il servizio, però, sembra apprezzarlo. Quasi nove pazienti su dieci valutano positivamente («ottima») l’esperienza, secondo il questionario di gradimento realizzato dal Mes, il laboratorio Management e sanità della Scuola Sant’Anna di Pisa che monitora la qualità del servizio sanitario regionale. I motivi più ricorrenti: tempi rapidi d’intervento, professionalità degli operatori, chiarezza del percorso. Il Pir viene percepito come un presidio utile, capace di dare risposte concrete a problemi circoscritti ma urgenti. Soprattutto da chi, per vari motivi, non riesce a ottenere una risposta tempestiva dal medico di famiglia. Il profilo degli utenti che ha risposto al questionario per il 62% ha meno di 65 anni e per il 57% è donna. Il 33% si è presentato spontaneamente al servizio. La maggior parte lamenta disturbi comuni — dolori (28%), traumi minori (11%), febbre (10%), tosse e ferite superficiali (8%) — problemi non gravi, ma abbastanza fastidiosi da richiedere attenzione immediata. Una fascia di bisogno che spesso resta senza risposte nei tempi della medicina generale e che finisce per congestionare il pronto soccorso. Il lavoro nei Pir è più strutturato di quanto il nome lasci intendere. Si eseguono medicazioni complesse, somministrazioni endovenose, tamponi, esami come ecografie, emocromo, Ecg che — in assenza del medico — vengono telerefertati. In un quarto dei casi sono state effettuate prestazioni infermieristiche avanzate. E nel 95% dei casi il percorso si è concluso all’interno del Pir, senza bisogno di ulteriori invii o passaggi. Solo il 3,4% dei pazienti è stato indirizzato al pronto soccorso. Il 18% ha ricevuto una prescrizione per visita specialistica, il 10,5% per esami diagnostici (prevalentemente radiologici). Il 27% ha ricevuto assistenza infermieristica specifica. I tempi sono contenuti: tre pazienti su quattro hanno risolto in meno di un’ora e mezza. Solo il 2% è tornato nello stesso ambulatorio nella stessa settimana, soprattutto studenti fuori sede o persone senza medico di base. Secondo i parametri fissati dalla Regione, i risultati raggiunti sono significativi. Ma siamo ancora lontani dall’obiettivo strutturale: finché non sarà compiuta la riforma della sanità territoriale sarà impossibile fare dei Pir una realtà diffusa e accessibile che possa incidere davvero sulla pressione che grava sui pronto soccorso. Per questo serve tempo, ma anche un lavoro mirato sulla comunicazione. A sei mesi dall’avvio, il servizio resta poco conosciuto.