
L’intervento dei vigili del fuoco al poligono di Galceti dove scoppiò il furioso incendio (Foto Attalmi)
Prato, 29 luglio 2025 – E’ passato un anno dalla tragedia avvenuta un anno fa – era il 26 luglio – al poligono di tiro di Galceti. Il bilancio di questi dodici mesi: due morti nel terribile rogo scoppiato nell’area di tiro (Gabriele Paoli, 67 anni, e Alessio Lascialfari, 65), un ustionato grave, Leandro De Simone, 46, istruttore di tiro, sei persone indagate (in pratica tutto il consiglio direttivo della sezione pratese dell’Unione italiana tiro a segno) ma ancora nessun colpevole e soprattutto le famiglie delle vittime non hanno visto neppure l’ombra di un risarcimento. Le indagini della procura sono state chiuse nel marzo scorso quando sono stati recapitati gli avvisi di garanzia ai sei indagati. Da allora però i familiari delle vittime non hanno saputo più nulla: non c’è la richiesta di rinvio a giudizio, non c’è una data fissata per l’udienza preliminare. E le assicurazioni non si sbilanciano in attesa di vedere come evolve la situazione. Lo stallo totale.
Le indagini della procura hanno portato all’iscrizione nel registro degli indagati di: Gianluca Ciolini, presidente dell’associazione che gestiva il tiro a segno di proprietà del demanio (chiuso da un anno), Danilo Becchia, vicepresidente e i consiglieri Fabio Poggini, Alessandro Santini, Gabriele Zuccaro e Aurelio Bottari. Le ipotesi di reato mosse nei loro confronti sono omicidio plurimo colposo, incendio colposo e incendio boschivo.
Era il pomeriggio del 26 luglio di un anno fa quando l’incendio scoppiò all’interno del poligono di tiro di via San Martino per Galceti. Le fiamme divamparono all’improvviso sulla linea di tiro dei 50 metri. Due persone riuscirono a mettersi in salvo mentre Paoli, che era preposto alla sicurezza quel giorno, insieme a Lascialfari (ospite del poligono ma non socio) non ce la fecero a raggiungere l’uscita rimanendo bloccati tra le fiamme. L’incendio attaccò la vegetazione circostante bruciando circa 89.000 metri quadri di bosco nell’area protetta del Monteferrato.
A innescare il rogo, come accertato dalla perizia affidata dalla procura a un esplosivista esperto in chimica, sono stati i significativi residui di polvere da sparo incombuste presenti intorno alle postazioni di tiro della linea da 50 metri, dove si trovavano le due vittime e il ferito. Residui rimasti sul posto perché non era stata effettuata un’“approfondita attività di pulizia”, prevista invece dalle norme che regolano la sicurezza nei poligoni di tiro a cielo aperto. Ma la procura, durante le indagini, ha accertato anche che il poligono di Prato non aveva l’agibilità e le prescrizioni sulla sicurezza antincendio non erano state ottemperate. Non ci sarebbe stata neppure la Scia antincendio.
Sempre secondo quanto emerso dalla perizia della procura, il punto di origine dell’incendio è stato collocato all’altezza del terreno, esattamente davanti alla postazione numero 4, dove un frequentatore del poligono stava sparando con una pistola a ricarica automatica. Questo tipo di sparo produce “lapilli incandescenti in quantitativi decisamente superiori rispetto all’uso di munizionamento confezionato”. I lapilli, entrati in contatto con le polveri da sparo incombuste presenti a terra (in gran quantità, secondo il perito, proprio per la mancanza di una pulizia approfondita) ha creato l’innesco primario. E da qui è stata una velocissima reazione a catena: l’innesco ha ‘acceso’ le altre polveri da sparo incombuste presenti nell’area e i materiali combustibili presenti tutto attorno.
A facilitare la propagazione delle fiamme sarebbe stata la “presenza diffusa delle polveri sui materiali combustibili, in particolare nei box di tiro e su altri elementi come legno e pannelli fonoassorbenti lungo la linea di tiro”. Nella chiusura indagini viene contestato ai sei indagati di non avere “effettuato correttamente la manutenzione ordinaria della linea di tiro da 50 metri, di aver tenuto la struttura accessibile e utilizzabile per lo svolgimento dell’attività sportiva, nonostante fosse priva di agibilità”. Le famiglie delle vittime (quella di Paoli è assistita dall’avvocato Enrico Guarducci, mentre quella di Lascialfari da Marco Princi ed Eliseo Alimena) attendono sviluppi.
Laura Natoli