
Edo Carlesi con la moglie E’ morto in seguito alla gravissime ustioni riportate nell’incendio che avvenne al poligono nel 2006. Diciotto anni dopo ancora una tragedia
"Quando è successo ero a un appuntamento a Pistoia con alcuni clienti. Mi ha avvertito mio nipote: c’è stato un incendio al poligono di tiro, mi ha detto. Un’altra volta. In quel momento è come se fosse stata risucchiata dalla macchina del tempo". Una macchina del tempo spietata. Improvvisamente per Luisa Carlesi non era più il 26 luglio del 2024. Era quel maledetto 4 luglio di diciotto anni prima quando nel poligono diventato inferno di fuoco c’era suo padre, Edo Carlesi, 77 anni. A distanza di quasi vent’anni il dolore resta lì, acuto, come il lacerarsi di una seta infinita.
Sceglie di parlare ora, Luisa Carlesi, a qualche settimana di distanza dalla chiusura indagini per il rogo in cui sono morti Gabriele Paoli e Alessio Lascialfari e per cui ci sono 6 indagati. Al centro dell’inchiesta le numerose e gravi lacune nella gestione del poligono (è risultato non avere nemmeno l’agibilità). Il procuratore, lo ricordiamo, proprio nell’ottica di scongiurare eventi analoghi in futuro, ha voluto informare della risultanza delle indagini tre ministeri: il Ministero della Difesa, quello del Lavoro e delle Politiche sociali e quello dell’Interno.
Luisa cosa ne pensa dell’iniziativa del procuratore? Quanto emerso dall’inchiesta può essere utile "ad affinare e migliorare le misure, i moduli e le attività da svolgere per la messa in sicurezza degli altri poligoni, diversi e più efficaci rispetto a quelli impiegati nel poligono di Prato", le sue parole...
"Ha fatto bene il procuratore Tescaroli a inviare la relazione a Roma. Il poligono di Galceti dovrebbe essere un luogo dove sentirsi sicuri. Io ci ho passato molti anni da bambina. Mai avrei pensato ci fossero criticità del genere, come invece sono emerse dalle indagini. La tragedia costata la vita a mio padre non è servita da lezione, affatto".
Torniamo al luglio 2006. Il poligono, per suo padre che era in pensione, era un po’ una seconda casa...
"Sì. A mio padre piaceva stare con gli amici e quello era un posto frequentato anche dalle forze dell’ordine. Eravamo tutti tranquilli. Era il responsabile dell’armeria, io ero contenta che si tenesse attivo: il mio babbo ha sempre lavorato nel tessile, il suo lavoro lo portava a contatto con le persone, non lo immaginavo certo pensionato sul divano".
E il tiro a segno era la sua passione?
"Sì, era anche Cavaliere della Repubblica per meriti sportivi, in particolare per una gara che negli anni Settanta organizzò con la Grecia".
Che racconti le faceva delle giornate al poligono?
"Mio padre era estremamente riservato. Ma c’era una cosa che mi diceva sempre: i responsabili non puliscono bene a terra. Il problema delle polveri incombuste c’era già allora. Mi diceva: costerebbe così poco prendere la sistola e dare una lavata...".
Come andò quel giorno terribile del 2006?
"Il fuoco dalla postazione di tiro si propagò in modo velocissimo. Mio padre era dentro l’armeria, provò a uscire ma si ritrovò le fiamme davanti... Fu ricoverato al Gaslini di Genova nel reparto grandi ustionati. Ma poi non ce la fece".
Diciotto anni dopo l’inchiesta punta i riflettori proprio sulla scarsa manutenzione della linea di tiro.
"Sì, e devo dire che quando ho appreso dell’incendio al poligono e della morte di due persone è subentrata la rabbia. Mi sono detta: è come se mio padre fosse morto per niente. La lezione non è servita per nulla. Com’è possibile che in quel posto non fossero state prese tutte le misure indispensabili per evitare tragedie di questo tipo?".
Come si è conclusa la vicenda giudiziaria relativa all’incendio del 2006?
"Io, mia madre e mia sorella ci siamo costituite parte civile, atto formalizzato all’udienza preliminare. Poi l’assicurazione come gesto obbligato liquidò il danno. Siamo usciti dal processo e se non ricordo male fu condannato il presidente del Tiro a segno nazionale, della sezione di Prato, che tra l’altro era un caro amico del mio babbo e di certo mai avrebbe voluto che una tragedia del genere si verificasse. E invece siamo qui dopo diciotto anni a parlare di un nuovo disastro, sempre in quel poligono".
Ricorda le ultime parole che le disse suo padre?
"Perfettamente. Quel giorno, il giorno del incendio, mi disse: vado al poligono, siamo a inizio mese e devo rimettere a posto i conti. Lui era precisissimo. E aggiunse: ho comprato prosciutto e melone, stasera c’è la partita della Nazionale, la guardiamo tutti assieme...".
Maristella Carbonin