
Si è aperto ieri il processo ai consulenti del lavoro accusati di aver messo in piedi un sistema ben organizzato e oleato per consentire ai cittadini di origine cinese di ottenere permessi con procedure semplificate. Si tratta di una delle ultime inchieste della Procura che ha portato alla luce un sistema di connivenza fra professionisti pratesi e cittadini orientali per aggirare norme e leggi, e ottenere così i permessi di soggiorno in maniera facilitata. Il processo si è aperto solo per quattro dei 210 indagati. I quattro che erano ancora colpiti da misura cautelare e per i quali la Procura (l’inchiesta è seguita dai pm Lorenzo Gestri e Lorenzo Boscagli) ha potuto chiedere il rito immediato, ossia senza passare dall’udienza preliminare. Si tratta dei coniugi Alessandro Frati e Alessandra Belliti (entrambi consulenti del lavoro) che hanno ottenuto l’attenuazione della misura da poco (erano ai domiciliari), e dell’imprenditore cinese Wu Chao, titolare dello studio Rw. Tutti e tre sono assistiti dall’avvocato Antonino Denaro. Insieme a loro, è già a processo anche un altro consulente del lavoro, Giuseppe Cannatà che è sempre ai domiciliari. I suoi legali, Meoni e Fantappiè, hanno già depositato istanza di scarcerazione. In questi mesi le indagini sono andate avanti per gli altri 206 indagati e a breve l’inchiesta sarà chiusa. Intanto ieri sono stati sentiti i primi testimoni. Le sorelle Hu Jiejie detta Gessica e Hu Wiejie detta Sara, titolari del centro di elaborazione dati Lx, anche loro indagate e arrestate in un primo momento ma poi subito scarcerate in quanto hanno subito reso un interrogatorio in Procura sostenendo di essere state solo intermediarie fra i connazionali e gli studi professionali. La loro posizione adesso è cambiata e nel processo ai quattro professionisti hanno deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere in quanto coinvolte nell’altra parte dell’inchiesta. Secondo quanto emerso dalle indagini, gli studi professionali offrivano tre tipi di servizi differenti: aiutavano gli orientali che non avevano i requisiti in regola a ottenere con falsa documentazione il permesso di soggiorno, truccavano i bilanci delle aziende per renderle invisibili agli occhi del fisco e usavano prestanome per far scomparire i veri titolari delle aziende. Un sistema già emerso in passato e uno schema che continua a ripetersi. A breve le indagini si chiuderanno per tutti i 210 indagati.
Laura Natoli