REDAZIONE PRATO

Museo Deportazione. Cocci: "In vent’anni speso un milione d’affitto. C’è poca trasparenza"

L’ex consigliere FdI, candidato alle Regionali: "Non era meglio comprare la sede?" "Dal numero di visitatori agli incarichi esterni, tutti gli aspetti da chiarire". La richiesta di accesso agli atti ma "il Museo non ha voluto rispondere".

L’ex consigliere FdI, candidato alle Regionali: "Non era meglio comprare la sede?" "Dal numero di visitatori agli incarichi esterni, tutti gli aspetti da chiarire". La richiesta di accesso agli atti ma "il Museo non ha voluto rispondere".

L’ex consigliere FdI, candidato alle Regionali: "Non era meglio comprare la sede?" "Dal numero di visitatori agli incarichi esterni, tutti gli aspetti da chiarire". La richiesta di accesso agli atti ma "il Museo non ha voluto rispondere".

"Sul Museo della Deportazione ci sono troppe ombre. Chi beneficia delle risorse pubbliche ha il dovere della trasparenza": Tommaso Cocci, ex consigliere comunale e capogruppo di Fratelli d’Italia, attacca pesantemente e la gestione del museo di Figline e la mancanza di trasparenza a seguito di un accesso agli atti proprio sulla gestione stessa. "Il rispetto della memoria non può essere usato come scudo per evitare il controllo sull’uso dei soldi pubblici. Per questo, nelle ultime settimane del mandato Bugetti, quando ero consigliere comunale e capogruppo di Fratelli d’Italia – scrive –, ho chiesto trasparenza con due accessi agli atti sul Museo della Deportazione e Resistenza di Figline".

Il motivo di tale richiesta di delucidazioni sta nelle dichiarazioni rese a febbraio dall’allora responsabile del Museo: "Parlava di 7000 visite in presenza previste tra gennaio e maggio. Da questi dati sembrerebbe che Figline sia ogni giorno meta di pullman di turisti e scolaresche, con un afflusso che farebbe pensare a un grande passo in avanti rispetto alle 4500 presenze dichiarate ufficialmente in tutto il 2024. Ma chi conosce la realtà del territorio sa che la situazione è diversa e si chiede: dove sono questi pullman? Da dove saltano fuori questi numeri?".

Altri temi da mettere sul piatto e su cui Cocci ritiene necessario fare chiarezza sono "gli incarichi esterni, le consulenze e gli affidamenti diretti del Museo che vanno sotto la voce di bilancio ‘servizi esterni’". "A queste richieste i vertici del Museo hanno scelto deliberatamente di non rispondere, nonostante la dirigente comunale responsabile delle partecipate abbia trasmesso la mia domanda e sollecitato più volte un riscontro", dichiara Cocci, candidato alle prossime elezioni regionali, definendo la mancata risposta "un fatto gravissimo e inaccettabile, in quanto il diritto di accesso agli atti dei consiglieri comunali è garantito dall’art. 43 del TUEL (D.Lgs. 267/2000) e impone agli uffici di fornire tutte le informazioni utili all’espletamento del mandato senza alcuna limitazione. Quando questo diritto viene negato, non solo si viola la legge, ma si alimenta il sospetto che vi sia qualcosa da nascondere".

Cocci ricostruisce i dati economici: "Ogni anno il Museo paga al Comune un canone di 43.500 euro, che il Comune a sua volta versa come affitto all’Associazione 6 Settembre, legata all’Arci, per i locali che ospitano la struttura. Parliamo di 43.500 euro l’anno, una cifra significativa se si pensa che non stiamo parlando di Milano, ma di Figline – prosegue – Dopo oltre vent’anni di contributi pubblici e canoni regolarmente versati, è legittimo chiedersi se, nel tempo, non fosse stato più utile per il Comune valutare l’acquisto di uno spazio di proprietà, invece di proseguire con il pagamento di affitti a realtà esterne. Oggi il Museo si trova in un immobile privato, per il quale ogni anno vengono versati oltre 40.000 euro di risorse pubbliche".

Cocci trae le somme: "Negli ultimi vent’anni, questo meccanismo ha comportato una spesa superiore al milione di euro solo per gli affitti. Una cifra che avrebbe potuto consentire al Comune di acquistare un immobile proprio, evitando un esborso costante e potenzialmente più oneroso nel tempo. Una scelta che forse merita una riflessione, alla luce delle cifre investite e delle possibilità alternative che si sarebbero potute considerare".

"Non basta – prosegue – la stessa associazione, non iscritta al Runts e non obbligata a pubblicare i propri bilanci, percepisce anche l’affitto dell’asilo presente nello stesso complesso. Un assetto che ricorda più una società immobiliare che un’associazione culturale trasparente". Cocci ricostruisce documenti alla mano il giro dei contributi. "Il Museo riceve ogni anno contributi pubblici per circa 90.000 euro dalla Regione Toscana e oltre 140.000 euro dai Comuni della provincia, di cui 122.500 euro solo da Prato. I costi annui del solo 2023 ammontano a circa 261.000 euro, al netto di affitto e personale (123.000 euro per tre dipendenti), restano centinaia di migliaia di euro di cui non è chiaro l’impiego. E stiamo parlando solo del bilancio dell’anno 2023. La mia richiesta era chiara – chiude Cocci –: conoscere nel dettaglio tutti gli incarichi esterni, le consulenze, gli affidamenti diretti e le convenzioni conferite dal Museo negli anni 2021, 2022 e 2023, e sapere a chi siano stati destinati i 120.000 euro di ‘servizi’ indicati nel Bilancio 2023. Sono informazioni semplici, che un Museo trasparente dovrebbe fornire senza esitazione. Se non c’è nulla da nascondere, perché non chiarire subito? Perché rifiutarsi di rispondere? Data la poca trasparenza che stanno dimostrando, è difficile dare anche un giudizio politico sulle trasformazioni che stanno investendo il museo della deportazione e della resistenza. Come centrodestra vogliamo dare un contributo ragionato, ma ci devono essere forniti gli strumenti".

Sara Bessi