
Elisa Amato, 30 anni di Prato, fu uccisa dall’ex fidanzato Federico Zini, 25 anni, il 26 maggio 2018
Prato, 13 maggio 2025 – “Credevo che la questione della fondazione fosse finita anni fa. Sinceramente la notizia mi ha colto alla sprovvista. Da sette anni porto avanti la mia battaglia contro la violenza sulle donne ma vedere queste cose mi fa male”. Elena Amato è la sorella di Elisa, la giovane che il 26 maggio del 2018 fu uccisa a colpi di pistola dall’ex fidanzato Federico Zini, 25 anni originario di San Miniato, che poi si tolse la vita accanto al corpo della ragazza con la stessa arma. A riportare l’attenzione sul caso è stata la decisione del Tar della Toscana che ha dato il via libera alla famiglia di Zini di creare una fondazione dedicata al figlio a patto che venga cambiato il nome e siano fatte alcune modifiche allo statuto.
“Non sapevo nulla del ricorso al Tar – aggiunge Elena Amato – Non sono questi i termini in cui affrontare la violenza di genere. Stiamo facendo un lavoro importante con i centri antiviolenza, usando i termini giusti, facendo prevenzione, ascolto, appoggio. Questa non me la sarei proprio aspettata”.
La vicenda della fondazione a nome di Federico Zini era emersa pochi mesi dopo l’omicidio-suicidio del 2018. Il padre del ragazzo, Maurizio Zini, aveva annunciato la creazione di una fondazione che si sarebbe dovuta chiamare con il nome del figlio e si sarebbe occupata di violenza di genere. La sorella e un’amica di Elisa fecero una raccolta firme e alcuni Comuni toscani, fra cui quello di Prato, si opposero fermamente all’intitolazione della fondazione. La Regione Toscana mise la parola fine (si pensava) alla vicenda negando l’iscrizione della fondazione nel Registro unico nazionale del Terzo settore (Runts).
“Non credevo che la famiglia avrebbe speso soldi in avvocati per portare avanti questo progetto – attacca Elena, mostrando calma ma tradendo il dolore che si porta dentro – Non conosco bene i dettagli. Mi riservo di capire meglio, sia la questione del nome sia gli scopi di questa fondazione. La famiglia non potrà cancellare il brutto gesto fatto dal figlio con una fondazione a lui dedicata. Da parte mia posso solo verificare la situazione e, se non mi andrà bene, mi opporrò ma non per via legali. Spero di trovare appoggio nei Comuni e nei centri antiviolenza. Non è questo il modo giusto per fare qualcosa, per combattere i femminicidi”.
Elena ricorda come la famiglia di Federico non abbia mai contattato la sua, nemmeno per chiedere “scusa”. “Non è colpa loro per quello che è successo a mia sorella ma avremmo gradito essere coinvolti. Se volevano fare qualcosa di buono avrebbero dovuto fare una fondazione a nome di mia sorella, non dell’autore di un femminicidio”.