REDAZIONE PRATO

Ernesto Maria Ruffini. Prato, crisi e rinascita: "Esserci per cambiare"

L’avvocato tributarista e per anni direttore dell’Agenzia delle Entrate ha presentato il suo libro "Più uno. La politica dell’uguaglianza". Taccetti: "Una riflessione civile sul senso di responsabilità collettiva".

L’avvocato tributarista e per anni direttore dell’Agenzia delle Entrate ha presentato il suo libro "Più uno. La politica dell’uguaglianza". Taccetti: "Una riflessione civile sul senso di responsabilità collettiva".

L’avvocato tributarista e per anni direttore dell’Agenzia delle Entrate ha presentato il suo libro "Più uno. La politica dell’uguaglianza". Taccetti: "Una riflessione civile sul senso di responsabilità collettiva".

L’evento al Beste Hub con Ernesto Maria Ruffini, organizzato dall’associazione Punto d’incontro e Beste Cult, è stato un’occasione per la città per fare una riflessione civile sul senso di responsabilità collettiva, raccontata attraverso l’immagine dei numeri. Numeri dei quali Ruffini ha dimestichezza quale avvocato tributarista, e per essere stato direttore dell’Agenzia delle Entrate e ai vertici di Equitalia prima e Agenzia delle Entrate e Riscossione poi. In un’epoca di incertezza e e crisi sociale, Ruffini "ricorda che ogni gesto, ogni scelta, ogni persona conta: è un richiamo a ciascuno di noi ad aggiungersi alla partecipazione", dice Gianni Taccetti, presidente di Punto d’incontro. Un focus che Ruffini fissa nel libro "Più uno. La politica dell’uguaglianza", presentato ieri sera al Beste Hub, nell’intervista dei giornalisti Luigi Caroppo, caporedattore de La Nazione, e Gianni Rossi.

"Più uno": un titolo semplice, ma allo stesso tempo potente. Che cosa significa? "Più uno è un modo per ricordare ogni giorno l’essenza dell’uguaglianza. È riconoscere che ognuno di noi, nessuno escluso, è una parte importante, anzi essenziale, nel grande disegno della nostra società, del nostro Paese. ’Più uno’ significa che siamo tutti insostituibili. Perché ognuno di noi è una tessera di quel grande mosaico che rappresenta la nostra comunità. Lo dico con una parola: esserci. Esserci può fare davvero la differenza. In un momento in cui la storia sta cambiando, in cui perdiamo i punti di riferimento a cui eravamo abituati, le nostre certezze e ciò che ci faceva sentire sicuri, esserci è la risposta! Ognuno con la sua libertà, la sua storia, la sua diversità. Per cambiare la politica e la sua ’narrazione polarizzata’, per costruire insieme agli altri le risposte che servono al nostro futuro".

Lei parla di responsabilità collettiva: che cosa significa assumersi responsabilità nella società di oggi? "È la storia che sta intorno a noi a indicarci una chiamata che parli di responsabilità collettiva: fare qualcosa per il Paese dovrebbe essere il punto di arrivo della coscienza civica di ognuno di noi. Se la politica non si apre alla partecipazione, non rinuncia solamente al 50% di chi non vota, ma rinuncia alla sua stessa ragione di essere. In una democrazia la politica è il campo di tutti o non è una democrazia compiuta. Per questo motivo sulla pagina www.piu.uno invitiamo tutte le persone che credono che sia ancora possibile scrivere insieme il futuro del paese senza stare ad aspettarlo a formare dei ’Comitati Più Uno’: spazi autonomi di discussione e di partecipazione politica. Nei primi giorni sono stati aperti comitati in tutte le regioni".

Il suo invito è a partecipare "in prima persona plurale". Quanto è difficile parlare di "noi" in una società che è sempre più individualista? "Difficile o no, è l’unica strada da percorrere per riscoprire il valore sociale dell’individuo, senza ricadere in personalismi. Diversamente dall’individualismo, la singola persona può riscoprirsi parte di un popolo e non un numero in mezzo alla massa, lasciandosi trasportare dalle mode o dai trend del momento. La società di oggi rende tutti ’numeri’, ’consumatori’ o ’followers’. Invece abbiamo bisogno di persone consapevoli, capaci di volere fare la differenza. Una società sana si realizza sulle relazioni e il confronto, ma soprattutto sulla capacità della maggioranza di tener conto della minoranza. E non solo della forza dei numeri".

Lei sostiene che ogni persona conta: come si può convincere chi si sente escluso o scoraggiato che il suo gesto assume un valore? "In democrazia la politica è il campo di tutti. Invece, se il campo si restringe – e si è ristretto purtroppo in tutto l’Occidente – la politica diventa gestione opaca del potere. La buona politica si nutre proprio dell’impegno a coinvolgere anche chi non c’è. Per confrontarsi anche con quella metà di Paese che ha rinunciato a credere che la politica possa offrire risposte e disegnare prospettive. La politica invece deve tornare ad ascoltare le domande che si alzano dalla società. Alcune ormai sono bisbigliate, altre sono diventate silenziose. È questo quel che accade quando non si viene ascoltati: si smette di chiedere. Ed è responsabilità della politica ridare speranza e prospettiva a tutti. C’è bisogno di un futuro nel quale riconoscersi. Ed è quello che la politica deve offrire".

Prato sta vivendo giorni difficili per le dimissioni della sindaca. Un fulmine a ciel sereno che si è abbattuto in città in un’epoca che è già segnata dalla sfiducia nella politica... "Anche in tempi difficili la democrazia può contare sempre sui cittadini che hanno nel loro DNA la consapevolezza che solo attivandosi in prima persona si possa cambiare in meglio il futuro della comunità in cui si vive. Bisogna che questa esigenza di cambiare sia il primo passo per recuperare chi è assente dalla vita democratica del nostro Paese".

Che ruolo giocano le disuguaglianze economiche e fiscali nell’allontanare i cittadini dalla partecipazione pubblica? A Prato distretto tessile più grande d’Europa e città multiculturale sono emersi fenomeni di sfruttamento di cittadini stranieri da parte di altri stranieri: secondo lei, quali strumenti si possono applicare per frenare l’illegalità? "Le disuguaglianze continueranno ad aumentare in Italia senza un piano strategico di investimenti anche per attrarre e formare nuove competenze. Le leggi contro l’illegalità esistono e vanno applicate. L’unico modo per frenare il fenomeno dell’illegalità e dello sfruttamento è quello di un controllo costante affinché nessuno si senta dimenticato dallo Stato. Non confondendo la ricchezza della multiculturalità con l’assenza di regole".

Sara Bessi