
Le indagini sono state svolte da carabinieri e polizia
Prato, 2 agosto 2025 – Se ne parlava da tempo. Il sospetto che i cinesi usassero una banca clandestina con ramificazioni in più parti del mondo, oltre alle criptovalute per movimentare grosse somme denaro, era forte. Adesso è certo: la banca clandestina a Prato è stata scoperta dai carabinieri del comando provinciale di Prato in via Respighi 6, in pieno Macrolotto.
Una “banca illegale, centrale di riciclaggio, basata sull’impiego di criptovalute, e di rilascio di carte d’identità elettroniche contraffatte valide per l’espatrio e di altri documenti di identità”, ha spiegato il procuratore Luca Tescaroli in una nota aggiungendo che “è necessario far conoscere la realtà criminale riconducibile a esponenti dei gruppi cinesi e le notevolissime dimensioni economiche delle attività gestite sul piano transnazionale e, al contempo, come gli inquirenti siano attenti a contrastarla”.
Nell’anonimo appartamento di via Respighi – trasformato in vero e proprio ufficio – venivano movimentati milioni di euro, come emerso dalle certosine indagini di carabinieri a cui si poi è aggiunta la guardia di finanza.
L’inchiesta è partita da una perquisizione eseguita dai militari dell’Arma nei confronti di un cinese di 45 anni, Cheng Bangjie. Durante la perquisizione, in uno dei quattro telefoni nelle sue disponibilità, i carabinieri hanno trovato “due software wallet Token pochet collegati a due indirizzi telematici, sui quali risulta una movimentazione di criptovalute”, tra aprile e luglio scorsi, “per valori ingenti di criptovalute”: su un indirizzo risultano essere “stati depositati 10.769.000 Usdt_Trx (una specie di dollaro digitale chiamato anche “Stablecoin”) per un controvalore di oltre nove milioni di euro. I fondi risultano provenire per oltre il 90% da servizi di exchange (cambio valute).
L’analisi delle transazioni in uscita ha evidenziato che i fondi venivano depositati su una piattaforma attestata in Cambogia, che è stata segnalata dalla FinCen del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d’America come un istituto finanziario che opera come centro di riciclaggio di denaro.
Sul secondo indirizzo, secondo gli investigatori, in una decina di giorni “sono stati depositati oltre 369.000 Usdt per un controvalore di oltre 320.000 euro. Anche in questo caso i fondi risultano provenire per oltre l’85% da servizi di exchange.
“L’analisi delle transazioni in uscita hanno evidenziato che la maggior parte dei fondi sono stati inviati su wallet privati, dove risultano tutt’ora presenti”, ha precisato il procuratore Tescaroli. Il cinese e altre persone a lui collegate “sono risultati avere il possesso materiale delle criptovalute per un controvalore di 117.000 euro”.
Ma le indagini hanno appurato anche che nell’appartamento venivano confezionati documenti di identità falsi, gli stessi che servivano – con tutta probabilità – ad aprire i conti correnti. Nella casa gli investigatori hanno trovato 15.000 euro in contanti, due stampanti, due laminatori, numerose tessere bianche, con microchip e banda magnetica, e altre con sola banda magnetica, “funzionali alla predisposizione di carte d’identità elettroniche valide anche per l’espatrio, e pellicole ologrammate”. Tutto il materiale è stato posto sotto sequestro.
Le indagini sono state condotte dalla procura insieme ai carabinieri del nucleo operativo antifalsificazioni e della sezione criptovalute del comando antifalsificazione di Roma, dai militari del comando provinciale dell’Arma a Prato e dalla guardia di finanza pratese.
L.N.