
Mario Cusimano, imputato per la morte della ragazza, sentito come testimone. "Non ho fatto io la manomissione, non avrei mai potuto".
PRATO"Mi creda signora Marrazzo, non ho fatto io quella manomissione all’orditoio di Luana, ho un figlio della stessa età, che fa lo stesso lavoro. Non avrei mai potuto". Si è chiusa con l’appello dell’imputato a Emma Marrazzo, mamma di Luana D’Orazio, la movimentata udienza, di ieri di fronte al giudice Santinelli, che vede sul banco degli imputati Mario Cusimano, tecnico manutentore e unico referente in Toscana della Karl Mayer, l’azienda che ha prodotto l’orditoio che ha ucciso la giovane operaia il 3 maggio 2021. Cusimano, difeso dall’avvocato Melissa Stefanacci, è rimasto l’unico a dover definire la sua posizione dopo che i titolari dell’Orditura srl, Luana Coppini e il marito Daniele Faggi, per la quale Luana lavorava, hanno patteggiato la pena uscendo di scena. La testimonianza è stata piuttosto lunga, a tratti complicata, e si è chiusa con l’indagato che si è rivolto direttamente alla mamma della ragazza, presente in aula. Cusimano si è sempre professato innocente sostenendo di non essere stato lui a eseguire il bypass elettrico che ha azzerato tutti i dispositivi di sicurezza del macchinario (cancello, saracinesca e fotocellule). Se ci fossero state quelle sicurezze, Luana non sarebbe morta in quel modo atroce. "Mi dispiace ma non gli credo – ha detto Emma Marrazzo – Non mi guardava neppure negli occhi. Io una figlia non ce l’ho più. Lunedì 30 giugno avrebbe compiuto 27 anni. Nessuno me la ridarà".
Per quanto riguarda l’udienza, Cusimano ha spiegato di essere un "meccanico" esperto dei macchinari prodotti dalla casa tedesca Karl Mayer, e di non essere un elettricista. "Il ponte elettrico lo può aver fatto chiunque – ha detto incalzato dalle domande – Serve un elettricista non un meccanico". Il pm, Vincenzo Nitti, gli ha chiesto conto di uno scambio di messaggi avuto il 4 maggio 2021, il giorno dopo l’incidente mortale, con Daniele Faggi. E’ Faggi a scrivere a Cusimano: "Occorre ripristinare tutte le sicurezze sulle due macchine. Mancano dei pezzi, li puoi trovare?". E Cusimano replica: "Ma quando ci possiamo lavorare?". Al che Faggi risponde: "Quando sarà dissequestrato". "Perché lo ha chiesto a lei?", ha detto il pm. "Non lo so", ha replicato l’imputato. Una risposta che ha fatto innervosire il giudice. Poi ha spiegato che Faggi lo aveva contattato per rimettere a posto i dispositivi di sicurezza perché trattandosi di un’operazione complessa non sarebbe stato sufficiente solo l’elettricista (cosa che al contrario bastava per disattivarle) ma anche un meccanico per far ripartire tutte le componenti.
Cusimano è stato incalzato sul fatto che non si fosse accorto che le sicurezze dei macchinari erano state disattivate nonostante sia un "esperto" di questo tipo di orditoi. Gli è stato contestato anche il fatto che, durante le perquisizioni, è stato trovato in possesso di diverso materiale elettrico, come tubi termo restringenti, un quadro elettrico, un interruttore. Il tecnico ha però sottolineato che "quando c’erano problemi di tipo elettrico chiamava sempre un collega" e che erano in molti a mettere le mani sugli orditoi come dimostrerebbe una fattura con il nome di un altro tecnico. "Solo lei può operare su quegli orditoi in quanto tecnico specializzato Karl Mayer o anche un meccanico normale?", ha chiesto il difensore. "Qualunque meccanico", è stata la risposta di Cusimano.
Alla fine Cusimano, interrogato direttamente dal giudice, ha tirato in ballo i titolari, in particolare Faggi. "Loro mi dicevano che andava bene così – ha detto riferendosi alle manomissioni – Non so perché mi hanno tirato dentro a questa storia, io non c’entro nulla, hanno detto un sacco di falsità. In 40 anni di lavoro quella roba lì non l’ho mai fatta", ha concluso. L’udienza è stata rinviata a settembre e la sentenza è attesa in autunno.
Laura Natoli