
L’ingresso dell’ex struttura di Montalto della Stella Maris
"Sono i più deboli, e dobbiamo dare loro giustizia". Con queste parole il pubblico ministero Fabio Pelosi – titolare dell’inchiesta – ha concluso la lunga requisitoria nella quale si è alternato con il collega Massimiliano Costabile. Oltre quattro ore nelle quali la pubblica accusa ha ripercorso e messo sotto la lente l’inchiesta che scattò nel 2016 in seguito alla denuncia di una coppia di genitori di un paziente. E’ l’indagine sulla struttura di Montalto della Stella Maris: al centro, secondo l’imputazione che ha portato al processo, una pluralità di condotte illecite, costituite da ripetuti atti di vessazione fisica e morale da parte di operatori – secondo la procura anche carenti di preparazione e in una condizione lavorativa di stress – ai danni di persone affette in vario grado da disabilità neuropsichica ospitate nel centro adolescenti e giovani adulti della sede di Montalto. Struttura nella quale, per il pm, mancava quindi un aspetto essenziale, "l’aspetto riabilitativo".
Un processo, passato attraverso il Covid, e poi da udienze lunghissime e dure. Ieri, in tribunale a Pisa, il primo grado di giudizio è arrivato alle battute finali davanti il giudice monocratico Susanna Messina. Un processo – lo ricordiamo – entrato nel vivo del dibattimento quattro anni fa, nel luglio del 2021, con la prima di una serie di udienze in cui scorsero sullo schermo dell’aula le immagini dei video ripresi della microcamere istallate dal nucleo investigativo dei carabinieri. Immagini che il pubblico ministero insistette affinché si vedessero nel dibattimento, perché in quelle sequenze c’è, per gli inquirenti, "rappresentato" proprio il capo d’imputazione con cui si è arrivati dall’indagine all’aula penale.
C’è, per il pm, "la prova regina" dei maltrattamenti. Frame di pochi secondi, singoli episodi per ogni parte offesa e per ogni operatore che si sarebbe reso responsabile delle condotte per cui è finito a processo: immagini documentate dagli inquirenti, come schiaffi sul collo o strattonamenti, acqua rovesciata nelle pietanze, pizzicotti, sgambetto. Episodi, catturati con occhi spia audio-video che rimasero attivi ben 91 giorni dentro un microcosmo chiuso, popolato da giovani incapaci di qualsiasi comunicazione autonoma e per questo ancora più indifesi. All’esito delle indagini in 15 finirono a processo. Fra questi il direttore sanitario della Stella Maris Giuseppe De Vito e due dottoresse in servizio a Montalto, Paola Salvadori, che era responsabile della struttura, e Patrizia Masoni (tutti e tre accusati di omessa vigilanza e l’assunzione di personale non adeguatamente formato). Alle posizioni di Salvadori e Masoni il pm ha dedicato una ampia e separata analisi per far emergere il rapporto che l’accusa individua fra le contestate responsabilità omissive e le condotte vessatorie messe in atto dagli operatori della struttura ai danni degli ospiti. Secondo il pm, alla luce di quanto raccolto nelle indagini – anche in ordine alle segnalazioni dei genitori e di altri operatori effettuate nel tempo – e da quanto emerso dal processo, "le due dottoresse sapevano" quello che accadeva. Per entrambe è arrivata la richiesta di pena più alta fra quelle pronunciate ieri: 5 anni di reclusione. Per Giuseppe De Vito, che non prestava servizio diretto a Montalto, il pm ha chiesto l’assoluzione.
Queste, le richieste di pena per gli operatori finiti a giudizio in base agli episodi di maltrattamenti contestati e dei quali sono ritenuti responsabili: Ugo Caroti (4 anni e 10 mesi), Giulio Fignani (4 anni e 2 mesi), Marco Guerrazzi (4 anni e 10 mesi), Matteo Parenti (4 anni), Svetlana Parfeniuc (3 anni e 4 mesi), Stefano Pasqualetti (4 anni e 4 mesi), Gabriele Lucchesi (1 anni e 6 mesi), Cinzia Vivaldi (2 anni e 3 mesi), Maura Testi (2 anni e 3 mesi), Nicoletta Casalini (1 anno e 11 mesi), Rita Danesi (2 anni e 6 mesi), Rinaldo Quintavalle (3 anni e 10 mesi). Si torna in aula a luglio per le arringhe.
Carlo Baroni