LUCIA BIGOZZI
Cronaca

La Cassazione: ergastolo a Jawad. Anis abbraccia lo zio tra le lacrime: "Finisce un incubo, giustizia è fatta"

I giudici rigettano il ricorso della difesa di Hicham che nel 2023 uccise a coltellate compagna e suocera. Il fratello di Sara Ruschi: "La decisione che apettavamo: è una liberazione. Vale per tutte le vittime di violenza". .

La Cassazione ha confermato la condanna all’ergastolo per Jawad Hicham: nel 2023 uccise la compagna e la suocera

La Cassazione ha confermato la condanna all’ergastolo per Jawad Hicham: nel 2023 uccise la compagna e la suocera

Un abbraccio, lunghissimo. In silenzio, tra le lacrime. Poche parole, in mezzo a una tempesta di emozioni. "Ora è davvero finita". Anis ha 19 anni, ha visto la madre Sara Ruschi e la nonna Brunetta Ridolfi cadere sotto i colpi sferrati dal padre Jawad Hicham in una notte maledetta di aprile, due anni fa, nell’appartamento che affaccia su Porta San Lorentino. La Cassazione conferma la condanna di primo grado e d’Appello: ergastolo. Jawad Hicham è in carcere a Prato e oggi saprà dall’avvocato Fiorella Bennati. È stata lei a presentare ricorso in Cassazione, per chiedere la valutazione di legittimità sul no alla perizia psichiatrica deciso dalla Corte d’Appello. Una strategia che se accolta, avrebbe portato alla riapertura del processo. Chiaro il tentativo della difesa di rimettere in discussione una condanna così pesante. "Ora sono libero", ripete nell’abbraccio con lo zio Alessandro Ruschi che da quella notte insieme alla moglie si è preso cura di lui (allora aveva 16 anni) e della sorellina, caricandosi sulle spalle il peso di una tragedia immensa che ha segnato, il padre Enzo Ruschi. Lui se n’è andato qualche mese fa, forse per il troppo dolore, difficile da sopportare. Sara, Brunetta ed Enzo sono sepolti nella stessa tomba, ancora insieme, per sempre.

"Andremo al cimitero a dire loro che adesso giustizia è fatta. Che ora chi le ha uccise sconterà la pena fino all’ultimo giorno di vita. Loro, invece, la vita l’hanno persa sotto i colpi del suo coltello", dice Alessandro. Anis quella notte ha sentito e visto: dalla sua cameretta è corso nella stanza della madre riversa sul letto, sangue ovunque. È lui a praticarle il massaggio cardiaco e a tamponare le ferite con un asciugamano; la nonna è già morta, lì sulla soglia della camera: ha svegliato i nipoti per metterli in salvo e poi il disperato tentativo di fermare la furia di Hicham sulla figlia. È ancora Anis a chiamare il 118 mentre il padre esce in strada. Ancora lui a prendere in braccio la sorellina e a correre giù per le scale mentre i poliziotti le salgono: "Salvate mia madre", il suo appello. È ancora lui a partecipare a ogni udienza del processo, a guardare dritto in faccia il padre che, invece, abbassa lo sguardo.

É ancora lui a decidere, alcuni mesi fa, di rifiutare il cognome Hicham per assumere quello della madre. Un taglio netto, con un uomo che non ha mai sentito come padre, ha raccontato più volte in questi due anni. "Una sentenza che rende giustizia a due donne uccise e a due figli che hanno perso madre e nonna. Ma è anche una sentenza che rende giustizia a tutte le vittime di femminicidio. Ogni volta che in tv vedo un’altra donna massacrata, penso a Sara e Brunetta, a quella dannata sera. Una scia di sangue che non si ferma, ma oggi con il pronunciamento della Cassazione ho una speranza in più, perchè per chi compie questi delitti c’è solo l’ergastolo" dice Alessandro. Tutto in un abbraccio.