
Michele
Emdin*
Mi piace essere nato in Via Manzoni, uno scrittore che ho studiato e amato, aver vissuto in via Bonanno Pisano, l’architetto della nostra Torre, l’autore della porta bronzea della cattedrale e poi in piazza Carrara, insigne giurista, uno fra i primi studiosi di diritto criminale a voler abolire la pena di morte in Europa. Ho fatto lo scout Cngei in via San Lorenzo, uno dei sette diaconi di Roma, dove venne martirizzato nel 258 durante la persecuzione voluta dall’imperatore romano Valeriano nel 257. Mio nonno Naftoli, docente di Medicina Legale espulso con altri 19 docenti di origine ebraica dall’università di Pisa dal Rettore Giovanni d’Achiardi, insieme con duecentonovanta studenti ebrei, risucchiati nel gorgo della soluzione finale, abitava in via Antonio Fratti (patriota, politico, avvocato e pubblicista italiano) prima e in via Risorgimento poi, un nome che anche per me piccolo lettore del Cuore di De Amicis vuol dire molto. Nella mia amatissima città ci sono due vie intitolate a due vittime di quella espulsione, Ciro Ravenna, chimico agrario, Preside della Facoltà di Agraria, cacciato nella sua Ferrara da cui fu deportato ad Auschwitz per morirvi, ed Enrica Calabresi, docente di Entomologia, che si suicidò in carcere alle Murate per sfuggire alla deportazione. Manca una via intitolata al Chirurgo Raffaele Menasci morto anch’egli ad Auschwitz. C’è invece una via intitolata a chi li espulse, D’Achiardi, appunto, un fatto inspiegabile che deve trovare soluzione. Il Senato dell’Università cui appartengo, la Scuola Sant’Anna ha approvato all’unanimità una mozione promossa da me con Barbara Henry che si aggiunge alle mozioni dell’Università di Pisa e della Scuola Normale per chiedere giustizia al Comune di Pisa. Le vie della nostra città devono portare nomi di persone o di eventi di cui occorre onorare la memoria e non di cui portare vergogna.
* Docente di cardiologia
alla Scuola Sant’Anna, Pisa