
Si moltiplicano le testimonianze di affetto e i ricordi collegati al nome di Umberto Moschini – scomparso mercoledì sera all’età di 89 anni –, personaggio conosciutissimo sia negli ambienti politici in quanto ispettore della Dc, che in ambito sportivo e culturale, come organizzatore di eventi e appassionato di tradizioni pisane. Uno tra i tanti eventi la "Quattro Campanili", un torneo di calcio a 7 che riguardava in particolare gli oratori, i circoli e i bar della città. Siamo negli anni Settanta e a disputare uno di quei tornei fu anche Lorenzo Bani, che incrociò nuovamente Moschini, dieci anni più tardi quando Bani era diventato assessore al turismo del Comune di Pisa e Moschini già allora presidente degli Amici del Gioco del Ponte. All’ordine del giorno la ripresa del Gioco. E’ lo stesso Bani, oggi, a ricordare per "La Nazione" il fervore e la passione di quel periodo.
Come ricorda quei momenti?
"Moschini si contraddistingueva per la sua educazione e signorilità. Mi spiegò che nella precedente legislatura si era impegnato con Vivaro Scatena per la sistemazione di alcuni costumi del Gioco ma che ora era venuto il momento di provare a riorganizzarlo".
Da cosa siete partiti?
"Il primo passo è stato andare alla ricerca di persone interessate alla ripresa del Gioco, che portassero un contributo di idee e consigli sulle modalità da adottare, specialmente per quanto riguarda i combattimenti".
In che anno siamo?
"Agli inizi del 1981. Cominciammo subito a lavorare, insieme al funzionario Roberto Balestri, e fu deciso di partire dalla sfilata dei costumi restaurati, con grande soddisfazione di Umberto. A sfilare furono in 674".
E poi?
"Insieme ad Umberto Moschini abbiamo modificato il regolamento precedente e la novità di maggior rilievo fu l’istituzione delle magistrature di quartiere, poste come base della manifestazione del Gioco. Alla fine della prima edizione del 1982 io e Umberto ci abbracciammo a lungo, in silenzio (epidosio raccontato com emozione in passato anche dallo stesso Moschinui, ndr) perché fu un grande successo. Umberto era contento perché si era creata un’atmosfera che coinvolgeva anche giovani e giovanissimi che avrebbero potuto garantire continuità al nostro lavoro".
Qual è stato il più grande merito di Moschini?
"La sua credibilità era affermata e riconosciuta all’interno di tutte le parti politiche, in quanto la sua conoscenza della storia pisana e la sua disinteressata passione erano evidenti".
E a livello personale cosa le ha lasciato?
"Mi ha fatto vedere la città con occhi diversi, innamorati. Posso dire che alla fine dei miei incarichi istituzionali ho voluto continuare il mio impegno nel Gioco anche grazie all’esempio di Umberto che non ha mai mollato. Le sue amicizie erano sincere e durature, tanto che ogni anno mi mandava gli auguri di compleanno, ma non come ora con un messaggino! I suoi erano auguri per lettera, come a Maria Teresa Benvenuti – storica appassionata del Gioco e grande amica – mandava fiori, a dimostrazione di un grande stile".
Si ricorda qualche aneddoto?
"Uno dei luoghi dove spesso ci ritrovavamo era il barbiere “da Luciano” in Borgo Largo, dove io, Francesco Capecchi – altro grande amante di Pisa e amico – e Umberto, con la scusa di farci i capelli, parlavamo del Gioco. Tant’ è che alla fine anche i barbieri del salone hanno sfilato per tanti anni...! Vorrei poi chiudere ricordando il carattere generoso e altruista di Umberto verso tutte le persone che incontrava. A me per esempio, sapendo che ero collezionista, regalò le proprie medaglie del Gioco. Aveva un pensiero davvero per tutti".
R.P.