PISA
Cronaca

"Scieri, obiettivo processo Fine comune è la giustizia"

Il procuratore generale militare De Paolis ad Amoddio: "Se la commissione ci avesse mandato gli atti nel 2017, avremmo chiuso le indagini due anni prima"

di Carlo Baroni

"Dichiarazioni che contrastano contro la realtà dei fatti", secondo il procuratore generale militare presso la Corte d’Appello di Roma, Marco De Paolis, quelle della presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Scieri, Sofia Amoddio che ha puntato il dito contro il magistrato sostenendo che dal ’99 "è stato gip e procuratore, ma ha archiviato tutto eppure i nomi di Panella, Zabara e Antico emersero già allora visto che il pm domandò a un teste se li conosceva". Il dottor Marco De Paolis precisa che "da gip non si è mai occupato del caso Scieri – spiega –. Me ne sono occupato nel 2004, da pubblico ministero nel supplemento di indagini ordinato dal gip, e concluso con una richiesta d’archiviazione (l’indagine era aperta per omicidio volontario) in quanto non fu possibile individuare i responsabili". Il dottor De Paolis al riguardo sottolinea che non corrisponde al vero che i nomi degli attuali tre ex caporali per i quali ha chiesto il rinvio a giudizio (Il 17 luglio udienza a Roma davanti il gup del tribunale militare) vennero fuori nell’indagine del 1999. "Essi, come tanti altri (perché in quel periodo erano numerosi i fatti di nonnismo) furono indagati per altre vicende che non avevano relazione con la morte di Scieri. Nessun elemento li collegava al caso". Solo nel 2017 Antico, Zabara e Panella furono collegati al giallo della Gamerra: il mistero del 26enne allievo parà siracusano trovato cadavere sotto un tavolo a tre giorni dalla sua scomparsa in caserma. "Come si può solo pensare che le due procure, se fosse emersa una relazione, avrebbero ignorato tutto questo? – aggiunge il dottor De Paolis –. Ricordo che allora, in quell’indagine del 1999, condotta dal collega Tornatore della procura militare di La Spezia, fu interrogata praticamente tutta la caserma e furono esaminati oltre 1200 militari (1266 verbali in totale). Rimango stupito da certe dichiarazioni così lontane dalla realtà dei fatti; ed è paradossale che vengano oggi fatte insinuazioni così offensive quanto non veritiere proprio nei confronti di chi abbia fortemente voluto questa indagine, addirittura operando una avocazione a fronte di una archiviazione". Ma c’è un altro aspetto rilevante: "Se la commissione parlamentare d’inchiesta ci avesse trasmesso gli atti nel 2017 quando li abbiamo chiesti, noi la nostra indagine l’avremmo conclusa due anni prima". "Ribadisco – conclude il procuratore generale militare – quello che ho detto fin dal primo istante e cioè che resto indifferente dal luogo dove si farà un processo, quello che conta è che un processo si faccia: la procura ordinaria, come la procura militare, hanno un fine comune: l’accertamento della verità. Ecco perché non posso accettare certe insinuazioni".