
San Rossore non dimentica
Al tramonto del 13 giugno del 1944 i militari tedeschi che occupavano San Rossore impiccavano il carabiniere Agostino Bragazzi accusato di sabotaggio. Secondo la testimonianza del fratello Alberto (raccolta da Renzo Vanni nel volume “La Resistenza dalla Maremma alle Apuane”) "poco dopo l’alba Agostino era andato a pascolare le pecore nell’ippodromo. Il gregge calpestò e tranciò un filo telefonico steso a terra e questo fu considerato sabotaggio". Il Parco organizza per domani, ore 11, un momento di commemorazione insieme a Anpi, Comando Provinciale Carabinieri di Pisa, Associazione Nazionale Carabinieri. Comune e Provincia di Pisa. Agostino Bragazzi, che aveva combattuto in Grecia e in Jugoslavia, non aveva aderito alla Repubblica Sociale; secondo altre fonti, il carabiniere era in licenza e parrebbe questa l’ipotesi più probabile considerando quanto fosse rischioso, in tempi di rastrellamenti, andarsene in giro per la campagna, sia pure con un gregge. Arrestato e interrogato dal comandante la piazza di Pisa, Bragazzi fu condannato a morte da eseguirsi per impiccagione nella stessa giornata.
Ma quel 13 giugno non trascorse in silenzio. Per salvare la vita al carabiniere si mossero l’arcivescovo Gabriele Vettori e perfino alcune autorità fasciste: il questore Giuseppe Razzini e anche il prefetto Mariano Pierotti. Fu tutto inutile: il “comandante della città di Pisa” – come amava farsi chiamare Kaddatz Gunther - non accettò alcuna mediazione. Kaddats Gunther, chi era costui? Indicato da alcuni, nei racconti del dopoguerra, come “colonnello”, da altri come “maggiore”, era in realtà, secondo quanto scrive Giorgio Barsotti nel suo “La linea dell’Arno”, soltanto un capitano ma aveva l’autorità per decidere. Ufficiale della 4^ Divisone SS, Reparto “Teste di morto”, Kaddatz Gunther era un ventottenne “arrogante e spavaldo” (così lo descrisse il professor Giuseppe Toniolo, primario radiologo del “Santa Chiara), “un ufficiale nazista non integerrimo, che spesso rientrava al suo comando a notte fonda completamente ubriaco”. Alle 19 di quel 13 giugno Agostino Bragazzi veniva impiccato a un pino gobbo davanti all’ippodromo e lasciato per tre giorni esposto, fino a quando fu consentito a Irma Guidi, di una famiglia contadina che aveva il podere in Piaggerta, di rimuoverlo. Il capitano Gunther fece affiggere al tronco dov’era stato appeso il carabiniere Bragazzi la scritta “sabotatore”.