Pisa, l'iter per l'Arena Garibaldi passa dal caso Bergamo: "Cessione stadio? Si può fare"

L'assessore del Comune di Bergamo Francesco Valesini: «Alla gara ha partecipato sia l’Atalanta che l’Albinoleffe: asta oltre gli 8 milioni»"

Francesco Valesini, assessore alla riqualificazione urbana e all'urbanistica a Bergamo

Francesco Valesini, assessore alla riqualificazione urbana e all'urbanistica a Bergamo

Pisa, 21 febbraio 2024 - A illustrare i passi fatti in Lombardia l’assessore alla riqualificazione urbana e all’urbanistica del Comune di Bergamo Francesco Valesini. Proprio la scelta della città orobica è quella a cui si ispira il Comune di Pisa .Il caso dello stadio di Bergamo ha fatto scuola in Italia e il Pisa Sporting Club, di concerto con il Comune, ha preso ispirazione proprio dall’iter che ha portato all’alienazione del Gewiss Stadium, già Atleti Azzurri d’Italia, per la futura cessione dell’Arena Garibaldi alla società nerazzurra. Assessore, a che punto siete con lo stadio di Bergamo? «Siamo alla fine di un percorso durato 7 anni. Siamo in dirittura d’arrivo con il completamento della Curva sud, del piazzale e del parcheggio interrato con riqualificazione esterna». Com’è iniziato tutto e perché? «Venivamo da 25 anni di discussioni. La giunta precedente valutò di portarlo fuori dalla città, quell’idea sarebbe dovuta essere accompagnata con 50 mila metri quadrati destinati ad uso commerciale. Dopo tante discussioni decidemmo di tenere lo stadio dentro la città. Il progetto della ristrutturazione ci ha portato a riconoscere all’interno dell’impianto 2000 metri quadrati in più oltre ai 3000 già esistenti ad uso commerciale. Bergamo è una città con un territorio piccolo, saturo e urbanizzato quindi questi aspetti sono molto rilevanti». Perché alienare il bene e cederlo all’Atalanta? «Gli ultimi interventi più significativi dell’impianto risalivano al 1995, poi seguiti sempre da manutenzioni e normative da adattare. Se non avessimo venduto lo stadio avremmo dovuto accollarci costi di adeguamento molto ampi, con pressioni anche dall’opinione pubblica. Ci ragionammo all’arrivo di Gasperini, 7 anni fa. Non era l’Atalanta di oggi, ma il tempo ha dato ragione a tutti». Quale fu l’iter seguito? «Si iniziò con un bando di 90 giorni, la cui preparazione impiegò circa 7 mesi di istruttoria. Una variante urbanistica anticipò il bando per far tornare la destinazione d’uso dello stadio in zona, quindi venne presentato uno specifico piano attuativo e urbanistico». E poi? «Avalon, una società esterna nominata con gara pubblica fece le sue valutazioni e perizie immobiliari per valutare lo stadio in base d’asta circa 7 milioni e 400 mila euro. Al bando parteciparono l’Atalanta e l’Albinoleffe. Nel bando furono riconosciuti anche degli ammortamenti a lavori già svolti nel 2015 dall’Atalanta. Alla fine venne venduto per 8 milioni e 600 mila euro. Inoltre, tra opere a scomputo e oneri monetizzati sono stati spesi anche ulteriori 8 milioni da parte dell’Atalanta, lo stadio è diventato ‘terziario sportivo’ come destinazione urbanistica, una funzione privata. Gli oneri di urbanizzazione di 8 milioni furono pagati a scomputo di opere che poi sono state realizzate intorno allo stadio». Che tipo di opere? «Ad esempio sono sparite le zone di prefiltraggio grazie a specifiche aree verdi delimitate come zone cuscinetto solo nei giorni della partita, ma parchi pubblici nel resto della settimana. Ciò ha evitato che il quartiere fosse delimitato». Per i tifosi è stato traumatico il restyling? «La squadra ha sempre giocato nello stadio grazie a una progettualità a scaglioni». Crede che questo possa essere un modello per tutti? «E’ un modello efficiente, ma non l’unico. Ad Udine ad esempio è stata scelta la via del diritto di superficie per 99 anni con un pagamento una tantum di 450 mila euro e un canone annuale di 45 mila euro. Come alienazione e cessione del bene però siamo stati i primi ed unici in Italia, in altri casi si è trattato di interventi privati». Quali difficoltà? «All’epoca, e anche oggi per la verità, non esisteva una apposita normativa a livello nazionale. Valutare uno stadio è atipico e complesso perché non è un bene che ha un mercato, ma il nostro caso dimostra che è possibile». Michele Bufalino