Pisa, 20 agosto 2023 – L’8 agosto 1956, 67 anni fa, inghiottito dalla miniera di Bois du cazier, a Marcinelle in Belgio, tra i 262 minatori, di cui 136 italiani morti in una delle più gravi tragedie minerarie della storia, figurava anche il cascinese Enrico Del Guasta. Capelli e occhi neri come il carbone, Del Guasta, fu uno dei tre toscani trovati a quasi 1.035 metri di profondità. Morì a 36 anni, dopo una vita incredibile tra azioni partigiane, un matrimonio, 5 figli, e l’impegno politico. A ripercorrere i passi dell’ex partigiano morto in miniera sono i figli, soprattutto il terzogenito, Umberto, che incontriamo a casa del fratello Gianfranco, a Calci. Umberto tira fuori un raccoglitore ad anelli frutto delle sue indagini, con documenti, lettere e articoli di giornale ha ricostruito le fasi della vita del padre. Poi pubblicati nelle memorie "Semi e radici".
La vita partigiana A soli ventitré anni Del Guasta diventa caporal maggiore a Fano, con l’armistizio del ‘43 si dà alla macchia e si unisce al gruppo partigiano "Le Cesane", di cui ne diventa presto il comandante con il nome in codice Franz. "Era una spina nel fianco dei tedeschi – racconta Umberto mostrando freneticamente i bollettini di guerra che descrivono le gesta della brigata raccolti dall’Anpi di Pesaro –. Il reparto partigiano, composto da più di 83 uomini e comandato dal comandante Franz dona alla popolazione un silos di grano sequestrato ai nazisti". Dopo la guerra: "Mio padre viene obbligato ad andare in miniera – ricompone il mozaico il figlio –. Non aveva restituito un portagli trovato in terra; aveva figli da sfamare, all’epoca non si riusciva a fare più di un pasto al giorno". La questura di Pesaro, dunque, lo spedisce in Belgio a Marcinelle.
La miniera. I ricordi di Umberto e Gianfranco Del Guasta sono i ricordi di bambino, fatti di immagini, colori e odori, come gli alberi lunghi e stretti delle foreste belghe che fluttuano sui tappeti di mughetto. "Dove babbo mi portava a cavalcioni sulle spalle – racconta così Umberto del periodo in cui visse, insieme alla mamma, ai tre fratelli e la sorella più piccola, all’interno delle capanne in lamiera messe a disposizione per i minatori e le loro famiglie dal governo belga –. Erano di un vecchio campo di concentramento dove durante la guerra i tedeschi imprigionavano i russi. Babbo era una persona generosa e carismatica, tornava a casa completamente annerito dal carbone, ma non parlava quasi mai della miniera". "Ci diceva – scherzando – che prima o poi sarebbe sbucato direttamente in cucina". La mattina dell’8 agosto, sia Umberto che Gianfranco si ricordano il cielo nero. "Corremmo alla miniera e aspettammo per giorni fino a quando i soccorritori dissero quella frase, in italiano, che rimase per anni impressa nella mia mente: ’Tutti cadaveri!’". Fu trovato a 900 metri dalla sua postazione con altri 53 italiani. "Era un leader, se li era trascinati dietro per cercare di scavare e fuggire nella miniera accanto, mancavano solo 3 metri".
La medaglia scomparsa . "Mamma Ivonne Truffi non raccontava mai di nostro padre, aveva il dente avvelenato con lo stato italiano, le donazioni che giungevano da tutto il Paese, non arrivarono mai nelle tasche delle famiglie delle vittime". Umberto nel 2004 compra il suo primo computer e scopre navigando in rete che la regione Toscana aveva conferito una medaglia d’oro ad Enrico Del Guasta. "Non sapendo che fine avesse fatto – racconta Umberto –, iniziai la mia ricerca, scoprendo poi che la medaglia l’aveva ritirata il cognato senza darci troppo valore...".