Partigiano Martini : "Quando mio padre detto ‘Il Cristo’ liberò la città di Pisa"

Il racconto del 2 settembre 1944 grazie alle parole del figlio Alberto "La liberazione? E’ stata un’operazione politica oltre che militare".

Dalle bombe su Pisa, alla scelta di prendere la strada dei monti. Alberto Martini, figlio di Uliano Martini ripercorre le gesta di suo padre. Uliano nome in codice "Il Cristo" partigiano ascianese e pittore faceva parte di quel manipolo di giovani che forzarono la mano e dettero vita all’unica formazione partigiana che operò su Pisa, più precisamente nei monti pisani. Un’esperienza breve che durò da inizio giugno del 1944 fino alla liberazione di Pisa il 2 settembre.

Alberto Martini, suo padre era nella formazione partigiana "Nevidio Casarosa", com’è che decise di intraprendere la lotta armata?

"Nel ’43, aveva 21 anni e studiava architettura a Firenze, ma il 31 agosto era a casa di mio nonno (suo padre) a Porta a Mare, stava preparando il pranzo quando si ritrovò sotto le bombe, scampo alla distruzione di Pisa attraversando l’Arno e trovando riparo a Barbaricina, fu in quel giorno che maturò l’idea che bisognava lottare contro il fasciamo e il nazismo".

Che ruolo aveva nella formazione?

"Rivesti da subito il ruolo di responsabile politico, il comando era invece affidato a Ilio Cecchini, era un tenente con già delle capacità militari. Per alcuni mesi si dettero alla macchia, molti erano renitenti alla leva militare, con la primavera del 1944 questo gruppo di giovani aumentò di numero, finché da una riunione segreta del Comitato di liberazione, nella villa del professor Tonelli insigne matematico antifascista ad Asciano fu deciso di dare vita ad una piccola formazione partigiana che doveva operare sui monti pisani".

Una forzatura dei più giovani?

"A loro prudevano le mani, c’era una forte volontà di rivalsa nei confronti del nazifascismo, mentre i più anziani erano cauti, sul monte Faeta non c’era spazio per una formazione ordinaria. Ma prevalse la strategia politica".

Ovvero?

"Mio padre su questo è sempre stato chiaro, quando ti metti in mente di fare un’iniziativa militare non lo puoi fare avventatamente, l’obiettivo era aspettare l’imminente ritirata dei Tedeschi e a quel punto scendere dal monte e liberare Pisa prima degli alleati, era un’operazione politica oltre che militare".

Non sono stati lì ad aspettare con le mani in mano?

"Facevano piccole azioni di sabotaggio, la più significativa fu il 24 luglio 1944, quando attaccarono il comando tedesco nella villa Borri, da cui tenevano sotto controllo il fronte e l’Arno. Ricorda mio padre che ad un certo punto i tedeschi puntarono i cannoni della piana su di loro. Alla fine, decisero di desistere per evitare una strage anche tra i civili".

Uliano Martini aveva un nome in codice?

"Non ne sono sicuro, ma penso fosse "Il Cristo", per via del suo aspetto fisico ascetico e perché noto per la sua bontà. Dopo la liberazione di Pisa, si arruolò nell’esercito di liberazione nazionale, e arrivò fin nell’appennino, dove però gli alleati lo tenevano nelle retrovie per operazioni di vettovagliamento, mio padre era gracilino ed era anche stato scartato alla leva militare. Dagli anni ‘70 fino alla sua morte nel 1995 è stato presidente dell’Anpi provinciale".