
Paralizzata da sclerosi e leggi. Una 53enne si oppone all’Asl: "Non voglio altri trattamenti, lasciatemi morire in pace"
"L’Asl Toscana nord ovest continua a negare la richiesta di morte assistita a una paziente toscana di 53 anni, completamente paralizzata a causa di una sclerosi multipla progressiva perché il trattamento di sostegno vitale, nonostante sia stato prescritto e dunque sia necessario, deve essere attivo per potersi dire esistente, però così il diritto di rifiutare delle cure, seppur costituzionalmente garantito, viene meno". Lo denuncia l’associazione Luca Coscioni che tutela la paziente. E quello della signora sarebbe l’unico caso in Italia. "Si tratta di un’interpretazione - assicura Paolo Malacarne, ex primario della rianimazione dell’Azienda ospedaliero universitaria pisana e tra i principali esperti sul fine vita - unica per ora sul panorama nazionale che rischia inevitabilmente un contenzioso costituzionale. Purtroppo su questo argomento siano fermi al provvedimento della Consulta per il dj Fabo, che avrebbe dovuto essere seguito da un intervento normativo che invece il precedente Parlamento non è riuscito a fare e che, temo, non farà neppure il Parlamento attuale lasciando un vuoto legislativo che impatta in modo determinante sulla vita e la libertà di scelta dei malati".
L’interpretazione dell’Asl Toscana nord ovest, infatti, secondo l’associazione, "non è solo restrittiva, ma è anche illegittima dal momento che la stessa Costituzione prevede il diritto di rifiutare trattamenti sanitari e, di fatto, costringe la persona malata ad accettare un trattamento contro la sua volontà per poter ricevere la relazione positiva da parte della Asl". "Quando i medici sono venuti a visitarmi a casa - riferisce la 53enne toscana - sembravano concordare sul fatto che fossi già tenuta in vita da trattamenti vitali: sono assistita 24 ore su 24 dalla mia famiglia e da personale formato che mi aiuta in ogni attività quotidiana, assumo massicce dosi di farmaci e devo essere sottoposta quotidianamente a manovre di svuotamento intestinale. Senza tutti questi ausili io non potrei sopravvivere. Quello che mi avvilisce di più è che la mia esigenza di essere nutrita con la gastrostomia endoscopica percutanea (Peg), prescritta dal nutrizionista e prontamente trasmessa all’azienda sanitaria, sia stata del tutto ignorata dalla Asl e ora pretendono che io mi sottoponga a un trattamento sanitario invasivo contro la mia volontà per poi poterlo interrompere e ricorrere al suicidio assistito. Tutto questo è crudele e umiliante".
Il punto fondamentale, però, è proprio questo: "Da una parte - conclude Malacarne - c’è l’articolo 32 della Costituzione che dice chiaramente che nessuno può essere obbligato a ricevere un determinato trattamento sanitario, dall’altra però il parere dell’Asl che non concede il via libera al suicidio medicalmente assistito se non in presenza di un trattamento attivo, e dunque esistente, che però vanifica, appunto la richiesta della paziente. Solo una legge, che oggi non c’è, potrebbe fare definitivamente chiarezza su questo tema".