Neonato morto per scoppio dell'airbag, indagati i genitori per omicidio colposo

Pisa, l'incidente nel pomeriggio di domenica. Lo strazio della famiglia. Oggi l'autopsia

I soccorsi (Foto di archivio)

I soccorsi (Foto di archivio)

Pisa, 19 febbraio 2020 - Padre e madre sono uniti. Sanno che ci sarà anche un risvolto giudiziario di questa dolorosissima vicenda ("E’ stata una tragedia"). I genitori del piccolo Brendon, morto schiacciato dall’airbag esploso dopo un incidente, sono indagati per omicidio colposo. C'era il padre alla guida della Citroën Berlingo dove nell’ovetto, allacciato e montato nel senso contrario a quello di marcia, come prevede la legge, si trovava il figlioletto. Il dispositivo di sicurezza, il pallone d’aria, si è però attivato dopo l’impatto travolgendo il neonato. Non era stato bloccato, così come dovrebbe in presenza di bambini sul sedile anteriore? La polizia municipale, che sta svolgendo le indagini e che ha ascoltato i testimoni, non ha evidenziato nell’immediato responsabilità. Ma ci sono altri approfondimenti da fare.

L’iscrizione nel registro degli indagati dei genitori è un atto dovuto della Procura, anche a loro tutela, per permettere tutti gli accertamenti. Oggi si svolgerà l’autopsia sul corpicino che è per ora a Medicina legale.

La famiglia, che ha origini albanesi, ma che da 20 anni è in Italia, sta organizzando per sabato l’addio al piccolo. Da domenica pomeriggio, moglie e marito, definiti da tutti come «genitori attentissimi», si tormentano. Erano in viaggio per partecipare al carnevale di Marina. «Andavamo piano – ricostruisce lui a chi gli chiede come sia andata – abbiamo notato anche il semaforo, poi però, non so perché non sono riuscito a vedere le altre vetture già ferme. Non lo so. Forse ho guardato proprio il bimbo». Sono attimi. In via Manghi, a Pisanova, il Berlingo finisce contro la macchina che ha tamponato già un’altra. L’impatto è violento e l’airbag schiaccia Brendon che riceve soccorsi immediati da mamma Armanda e poi dalla Pubblica assistenza la cui sede è poco distante.

A bordo dell’ambulanza c’è, oltre al medico titolare, quello tirocinante. Ma la situazione appare subito gravissima. La corsa in ospedale e anche la procedura neurochirurgica sono inutili, il cuoricino smette di battere in nottata fra la disperazione di chi gli aveva dato la vita.

«Quella macchina l’ho guidata sempre, anche quando ero incinta – ripete Armanda – poteva succedere anche a me».