Prendo atto delle esternazioni relative alla recente decisione del Consiglio di Stato, con il quale si avallava il divieto di accesso agli atti opposto da Belvedere spa sulla richiesta da me effettuata nel 2021, e ritengo opportune alcune precisazioni: il giudizio espresso dal Tribunale su quella singo la istanza è stato strumentalmente utilizzato da Macelloni e da Crecchi per vantare un supposto diritto all’opacità che nei fatti non esiste. In primo luogo, il citato verdetto affondi la propria motivazione nella circostanza che la società avesse mutato la propria composizione nel momento in cui fu avanzata la riciesta, perdendo la partecipazione comunale e, quindi, non rientrando più tra i soggetti tenuti all’ostensione documentale. A fronte di ciò, si pone una chiarissima sentenza del TAR, passata in giudicato, con la quale è stato stabilito l’obbligo, da parte della Belvedere, di concedere l’accesso dei consiglieri comunali alla documentazione richiesta nel 2019 e in vigenza di partecipazione pubblica.
Ma la Società non ha mai dato corso al dovere giurisdizionalmente riconosciuto e il gruppo di minoranza si vedrà costretto a stretto giro, ad adire nuovamente l’Ag Giudiziaria per ottenere un’esecuzione coattiva dell’obbligo inevaso. Quanto al borsino domenicale de “La Nazione”, ove si fa riferimento al verdetto del Consiglio di Stato come ad una vittoria del sindaco Renzo Macelloni nei miei confronti, ciò non corrisponda alla realtà dei fatti: il sindaco è soggetto rimasto estraneo al procedimento ed è lui stesso a rimarcare con forza l’assenza di coinvolgimenti politici nella gestione societaria. Anche riguardo alle vertenze giudiziarie intercorrenti tra chi scrive ed il Sindaco (in vesti processuali reciproche), si sottolinea come, allo stato, nessuna di esse sia stata definita. Di talché non si comprende quale precedente “vittoria” (cit. “un’altra vittoria...”) il predetto abbia ottenuto, giudizialmente, sullo scrivente. Circa l’estraneità della Belvedere rispetto agli interessi politici, sostenuta con forza dal presidente, deve rappresentarsi come, quello che ritengo essere un legittimo dubbio al riguardo, fosse originariamente insorto all’evidenza di una certa altalenanza di alcuni esponenti di maggioranza, ora in cariche societarie e ora in cariche comunali. Dubbio che sarebbe stato presto fugato (con piena soddisfazione dello scrivente) se solo la Società, in adempimento all’obbligo di legge, avesse consentito a chi scrive, novello San Tommaso, di poter personalmente verificare, carte alla mano, l’infondatezza del retro-pensiero maturato. Viene da sé, tuttavia, che il persistente e, per me, illogico ostruzionismo opposto dalla Società all’accesso documentale (concretizzatosi, in vicende giudiziarie durate 4 anni) abbia avuto come risultato il rinforzo dei dubbi pregressi. E in questo senso deve intendersi l’attributo di “opacità” da me rivolto all’Ente (e da esso ritenuto altamente diffamatorio, tanto da denunziarmi): molto semplicemente, da lessico, “opaco” è ciò che non permette di vedere attraverso sé. Com’è ovvio, nessuno al quale non sia consentito di “vedere attraverso” può affermare con certezza se dietro a quel velo imperscrutabile siano presenti valli fiorite o desolanti deserti. Pertanto, ciascuno rimarrà fermo nelle proprie impressioni fintanto che qualcuno, rimuovendo il fitto pannello, non mostri il panorama fino ad allora offuscato. Con la sincera speranza che si tratti di valli fiorite.
* Capogruppo
Cittadini per Peccioli