MARIO ALBERTO FERRARI
Cronaca

Quando il ciclismo sapeva di zabaione e marsala. Fernanda Del Cancia racconta lo zio Cesare

di Mario Ferrari PISA "Mio zio amava il ciclismo, è stata la passione e l’amore della sua vita". Tradisce l’emozione Fernanda...

di Mario Ferrari PISA "Mio zio amava il ciclismo, è stata la passione e l’amore della sua vita". Tradisce l’emozione Fernanda...

di Mario Ferrari PISA "Mio zio amava il ciclismo, è stata la passione e l’amore della sua vita". Tradisce l’emozione Fernanda...

di Mario Ferrari

PISA

"Mio zio amava il ciclismo, è stata la passione e l’amore della sua vita". Tradisce l’emozione Fernanda Del Cancia, nipote di Cesare Del Cancia stella del ciclismo anni ‘30 e ‘40 vincitore di una Milano-Sanremo e di tre tappe del Giro d’Italia. Butese di nascita, classe 1915, Del Cancia è stato un esponente di quel ciclismo italiano al limite tra grande sport e leggenda: quando le foto erano in bianco e nero, i velodromi più frequentati degli stadi e alcuni corridori più luminosi delle stelle di Hollywood, al punto che i loro nomi sono rimasti impressi nelle pagine della storia. Tutti nomi che Cesare, lo "spavento degli assi" ha conosciuto, sfidato e, visto il soprannome, anche fatto sudare. Storie di un’epoca che hanno segnato la lunga vita di Del Cancia, finita nel 2011 alle soglie dei 96 anni, e che sono oggi portate avanti dalla nipote che lo ha accudito durante il crepuscolo della sua esistenza. Vestita di bianco, smalto - forse non a caso - rosa, Fernanda del Cancia nella redazione de La Nazione (nella foto con la medaglia della Milano-Sanremo) ricorda quei tempi oggi così distanti e, forse, incomprensibili.

Che ciclismo era quello dell’epoca di Cesare Del Cancia?

"Mio zio lo descriveva così: ‘ci mettevamo le bici in spalla e si correva anche a piedi’. Era uno sport leggendario, su delle strade che non sono quelle di oggi".

Suo zio come si sarebbe trovato a correre oggi sui Lungarni?

"Emozionato. Il Giro d’Italia era il suo grande amore: lo guardava sempre alla tv, anche se negli ultimi tempi non gli piaceva più tanto".

Come mai?

"Vedeva tutti gli esercizi e le routine dei corridori moderni e pensava a quando lui aveva come carburante la ricetta della mamma: zabaione e marsala. Forse il suo era rammarico per essere stato costretto al ritiro da giovane".

Ha comunque lasciato il segno.

"Ha portato avanti il nome dell’Italia in tutto il mondo e non per modo di dire: durante tutta la sua vita gli hanno telefonato anche dall’estero per sapere che fine aveva fatto e ricordare i tempi andati. Dai tifosi che lo avevano visto gareggiare, agli amici ciclisti come la famiglia Ganna fino ad alcuni storici avversari".

A proposito di avversari... Leggenda vuole che Del Cancia, cadendo su Girardengo, gli abbia distrutto la carriera.

"Lui lo ha sempre negato, mi diceva sempre che gli hanno dato questa colpa ma non è così. Per lui era un carissimo amico e gli è dispiaciuto dell’infortunio".

Anche Bartali era un suo carissimo amico.

"Assolutamente. Tanto durante le gare quanto fuori. La loro è stata un’amicizia durata tutta la vita: si sono scritti costantemente lettere fino alla morte di Gino".

Entrambi in Maglia Rosa, peraltro.

"Assolutamente. Diceva sempre che il rosa è stato il colore della sua vita. Mio zio aveva un affetto indelebile per la sua maglia che, però, alcuni eredi hanno smarrito".

La rosa di Del Cancia è persa per sempre?

"Quella originale sì, e mio zio era disperato. Così io e mio cugino gliene abbiamo fatta fare un’altra identica".

Com’è stata la sua reazione quando ha rivisto quella maglia?

"È esploso di gioia, aveva i lacrimoni e ci ha abbracciati. Nell’occasione mi fece promettere che, dopo la sua morte, avrei dovuto portargli al cimitero una rosa di colore rosa come la maglia. Parole che mi hanno fatto piangere". Gliel’ha portata?

"Sì, ho sempre mantenuto le promesse".

Le ha fatto promettere altro prima di morire?

"Con le sue ultime parole. Mi disse ‘ricordati di me e porta avanti il nome Del Cancia’ e da allora faccio il possibile per tenere vivo il ricordo".

Come immagina suo zio adesso?

"In Paradiso a parlare di ciclismo con Bartali, Coppi, Ganna e tutti coloro che gli hanno voluto bene. Se l’è meritato".