Turni di lavoro stressanti, grosse responsabilità, ma anche adrenalina e forti emozioni. Sono le due facce della medicina d’urgenza, secondo i dati provvisori di Anaao il ramo di specializzazione meno gettonato tra i neolaureati in medicina, ma per alcuni una vera e propria "vocazione", da svolgere con impegno e dedizione. E’ questo il caso di Francesca Vinciguerra, specializzanda al quinto anno in medicina d’urgenza, che nonostante le problematiche del settore afferma "di essere tuttora convinta della propria scelta". "Ho sempre voluto fare il medico d’urgenza - racconta Francesca -, non farei nient’altro se non questo. Il medico d’urgenza è un medico completo e ha una visione a 360 gradi del paziente, passando dalla patologia neurologica a quella cardiovascolare". Ma allo stesso tempo, a rendere il lavoro in pronto soccorso diverso dalle altre specializzazioni sono i primi minuti, "in cui si attiva l’adrenalina e senti la tachicardia, ma allo stesso tempo devi avere la capacità di mantenere la calma e gestire lo stress". A questo si aggiunge la soddisfazione e l’emozione "di salvare la vita a chi arriva in pronto soccorso in fasi critiche".
C’è, però, un altro lato della medaglia, fatto di turni stressanti e orari faticosi, oltre a "una retribuzione bassa e al fatto di essere più esposti ad aggressioni fisiche o verbali. In più, noi siamo formati per affrontare situazioni di emergenza, ma spesso ci ritroviamo per vari motivi a dover gestire pazienti con patologie croniche". Tant’è che Francesca ammette che "laddove non ci sia una vera vocazione, è difficile che qualcuno si senta invogliato a intraprendere questa strada, almeno per quelle che sono le condizioni attuali". E non si sente, infatti, troppo invogliata a lavorare in pronto soccorso Marianna Candido, studentessa al sesto anno di medicina e prossima alla laurea, che dice "di non aver preso per ora in considerazione medicina d’urgenza come possibile specializzazione". "Fare il medico d’urgenza significa avere grandi responsabilità e correre molti più rischi rispetto ad altre specializzazioni - spiega Marianna -. In più, gli stipendi sono in proporzione più bassi e i ritmi di lavoro sono spesso insostenibili". Secondo Marianna, dunque, sono questi i motivi che portano molti neolaureati in medicina a intraprendere altri percorsi, "soprattutto se si vuole mettere su famiglia, perché quando esci dal pronto soccorso sei distrutto sia fisicamente che psicologicamente. Serve una forte dedizione al lavoro per scegliere questa strada".
Se la medicina d’urgenza è così faticosa, osserva Marianna, "la causa va probabilmente ricercata nelle mancanze della medicina territoriale che fanno sì che tutto si riversi sul pronto soccorso. E questo si traduce paradossalmente nel fatto che, per sopperire alla mancanza di personale in questo ramo, gli specialisti vengono pagati a gettone, e non è giusto nei confronti dei medici d’urgenza che stanno lì da mattina a sera tutto l’anno". Una scelta faticosa, il pronto soccorso, che però Marianna non esclude a priori: "Per il momento non è tra le mie opzioni. Ma se dovessi fare un tirocinio dopo la laurea, potrei anche innamoramene e cambiare idea".
Stefania Tavella