
Giusy
Pisa, 26 marzo 2020 - Cinque lunghi mesi trascorsi nel reparto di ematologia dell’ospedale Santa Chiara di Pisa, dal 30 ottobre al 12 marzo scorso dopo una leucemia mieloide acuta e un trapianto di midollo grazie alla donazione del fratello. Così quando finalmente è stata dimessa un paio di settimane fa, Giusy Mirabile, in piena emergenza corona virus, nel ringraziare sui social tutto il reparto di ematologia del Santa Chiara dicendo che per lei “sono stati famiglia”, ha scherzato con l’hastagh #iorestoacasa scrivendo #ioinveceesco. Ma adesso Giusy ha una grande paura, quella di tornarci in ospedale. E questo per due motivi. Il primo è che proprio a causa del dilagare del corona virus i sanitari non le andranno più a fare i prelievi ematici di controllo a casa, ma dovrà andare lei ogni settimana come previsto dalla procedura post trapianto in ospedale.
“Considerando che sono una trapiantata con bassissime difese immunitarie uscire di casa e soprattutto entrare ed uscire dall’ospedale in questo particolare momento è molto rischioso – spiega Giusy Mirabile – il trapianto è andato bene e adesso dopo mesi in ospedale devo correre di nuovo rischi muovendomi da casa, proprio quando a tutta la popolazione viene intimato di non uscire. Non solo, sono sprovvista di mascherine adeguate che nessuno mi ha fornito e che non si trovano né in farmacia né online. Ironia della sorte sul foglio di dimissioni c’è scritto che non posso uscire sia per il rischio virus sia perché anche senza corona per me sarebbe rischioso anche fare la spesa”.
Ma c’è anche un altro aspetto che preoccupa non poco il decorso post trapianto di questa giovane studentessa di sociologia originaria della Sicilia ma che da anni vive, studia e lavora a Pisa. “Mio fratello che mi ha salvato la vita donando il midollo, ha dovuto viaggiare spesso in questo periodo dalla Sicilia per venire a Pisa – continua Giusy – per questo prima dell’ultima donazione post trapianto di globuli bianchi a scopo precauzionale gli è stato fatto il tampone per il corona virus che nel frattempo stava dilagando. E’ risultato positivo anche se asintomatico. Io non sono mai venuta a contatto con lui, ma mio fratello è stato vicino a mia madre e ad una mia carissima amica che nel frattempo mi facevano visita in reparto. Per questo motivo hanno fatto immediatamente il tampone sia a me che a mia madre. Entrambe siamo risultate negative per fortuna. Ma il problema è venuto dopo”. Sì perché all’amica di Giusy nonostante le richieste non viene mai fatto alcun tampone.
Nel frattempo Giusy è stata dimessa dall’ospedale, e non potendo tornare a casa con madre e fratello positivo al virus, si è sistemata temporaneamente in una casa messa a disposizione dall’Ail. “Solo che dopo 5 mesi di ospedalizzazione e nelle mie condizioni non posso stare sola – spiega Giusy – per questo vivo con la mia amica che si prende cura di me. Il problema è che nonostante le richieste insistenti nessuno le ha mai fatto il tampone anche se è venuta a contatto con un caso positivo. Ci hanno risposto che i tamponi non vengono fatti in mancanza di sintomi. Ovviamente per precauzione anche in casa teniamo la mascherina, sono immuno depressa e per me sarebbe letale un contagio”. Non solo, il fratello della trapiantata nel frattempo trascorre la quarantena in casa con la madre. La donna a questo punto decide di auto isolarsi anche lei in casa col figlio ma chiede nuovi tamponi essendo adesso a stretto contatto col ragazzo positivo al virus. Tamponi che non vengono mai fatti e visto che per la donna non viene attivata nessuna procedura, il suo auto isolamento è solo uno scrupolo di coscienza ma nessuno le impedirebbe sostanzialmente di uscire a fare la spesa, nonostante lei stia optando per l’online.