di Carlo Baroni
PISA
All’epoca dell’uccisione del padre Adamo, le due sorelle Maria Pia e Giuliana Mannini, erano due minori rispettivamente di 4 e 2 anni, già orfane di madre. Adamo Mannini, classe 1909, nato a Pomarance, fu vittima di crimini contro l’umanità del governo del Terzo Reick. Il tribunale di Firenze nei giorni scorsi ha condannato la Repubblica Federale Tedesca a corrispondere a ciascuna 269.200 euro da devalutare al 14 giugno 944 e rivalutare via via con indici istat. Il giudice ha poi disposto l’accesso delle due figlie del signor Adamo al fondo gestito dal ministero economia e finanze dello Stato Italiano, istituito lo scorso anno per il ristoro: per il danno e per le spese legali. Un accordo fra Stati esime la Germania a mettersi le mani in tasca. Ma il valore delle verità storica resta.
"Se anche si tratta di fatti di un lontano passato, ammessa la loro imprescrittibilità, ci si deve idealmente riportare all’anno 1944 presumendo quindi che due bambine di due e quattro anni avessero ancora bisogno del padre per crescere e ne fossero anche affezionate, con conseguente presunzione di grande sofferenza morale legata alla sua perdita improvvisa e cruenta – scrive il giudice Susanna Zanda, motivando la sentenza –. Dopo la morte del padre vennero prese in carico dapprima da una zia materna e poi messe in istituto poi collocate nel mondo del lavoro senza alcun supporto genitoriale, con tutte le difficoltà presumibili che ciò dovette comportare". Adamo Mannini, fu uno dei minatori uccisi al "Vallino". Fu la strage di Niccioleta consumata dalle S.S. fra il 13 e il 14 giugno 1944 e che costò la vita ad 83 minatori (6 dei quali uccisi immediatamente a Niccioleta e 77 fucilati poi a Castelnuovo Val di Cecina). Il primo gruppo di 77 minatori fu condotto nei pressi della centrale geotermica alla periferia del paese. Qui i prigionieri vennero fucilati con raffiche di mitragliatrici, in un piccolo anfiteatro naturale, dove oggi sorge il Sacrario dei Martiri di Niccioleta.
Siamo nelle Colline metallifere e Niccioleta è un piccolo borgo situato nel territorio del Comune di Massa Marittima, la cui storia è prevalentemente legata all’attività mineraria e alla strage del ’44. All’epoca la miniera di Niccioleta rappresentava un importante punto d’appoggio per i partigiani della zona. Nei primi giorni del giugno 1944, accadde che un distaccamento di partigiani entrò a Niccioleta.
L’euforia degli abitanti – ricostruisce la sentenza – (che interpretarono questo fatto come un segno della prossima fine della guerra) li indusse a sottovalutare il pericolo della presenza dei pochi fascisti ancora presenti nel paese e, cosa che si rivelò ancor più funesta, a lasciare visibile nei locali della miniera la lista dei turni di guardia dei minatori. Quella fu la lista della strage. Le due figlie del signor Adamo – difese dagli avvocati Elia Cremona, Giacomo Crini, e Massimo Brancoli – hanno intrapreso la battaglia per vedersi riconosciuto il danno dalla furia nazista che strappò loro crudelmente l’unico genitore. "Una sentenza importante, davvero ben scritta dal giudice, una sentenza che rende giustizia a queste due donne, ormai avanti con l’età. Ma anche una sentenza che rispinge con forza le deduzioni dell’Avvocatura dello Stato, la cui posizione in questi processi stupisce ed è assolutamente inaccettabile", dice Dario Parrini, senatore Pd e vicepresidente della commissione affari costituzionali che più di ogni altro si è adoperato per questa battaglia.