
Assolti, ma nessun risarcimento per il periodo di custodia cautela in carcere. La corte di Cassazione – dichiarando inammissibili i ricorsi – ha avallato il pronunciamento della Corte d’appello che nel 2019 aveva rigettato l’istanza di riparazione presentata da Giuseppe Bonamici, 43 anni; Federico Bonamici, 43 anni; Daniele Casalini 36 anni, pisani e Chiara Sacchetti, 39 anni, di origini pratesi. In relazione alla detenzione da ciascuno subita in relazione all’accusa di aver commesso plurimi reati, il più grave dei quali quello di associazione con finalità di terrorismo ed eversione: reati per i quali poi furono assolti in tribunale a Pisa. I quattro erano finiti sotto la lente, si apprende, per le frequentazioni con ambienti anarchici riconducibili ad un circolo dove si era formato il nucleo Cellule di Offensiva Rivoluzionaria che si era reso responsabile, in precedenza, di numerosi attentati interessanti anche la Provincia di Pisa, oltre che altre zone del paese e finanche la Spagna: questa formazione eversiva era già oggetto di un separato procedimento penale "e la nuova formazione di cui si tratta, poi reputata insussistente nel giudizio di merito – ricorda la Cassazione – era stata ritenuta la continuazione della precedente".
La corte d’appello, nel motivare il rigetto della riparazione, aveva dato rilievo "al rinvenimento nella disponibilità degli imputati di materie esplodenti (petardi) dello stesso genere di quelli utilizzati in un accertato attentato di matrice eversiva". "La Corte di merito ha ben evidenziato che gli elementi indizianti che avevano portato all’adozione della misura, pur se non ritenuti sufficienti per fondare una pronuncia di condanna – scrivono gli ermellini – hanno dimostrato comportamenti gravemente imprudenti da parte degli allora imputati, indicativi della loro intraneità ad un gruppo anarchico - estraneità mai esclusa neppure dagli interessati - che letta insieme al contenuto delle intercettazioni (poi ritenute pienamente utilizzabili ma “neutre”) ed al rinvenimento di materiale esplodente, avevano svolto un ruolo sicuramente sinergico rispetto all’adozione delle misure restrittive della libertà". "Si è trattato cioè di condotte consapevoli e volontarie – rileva la Suprema Corte –, i cui esiti sono stati - con ragionamento immune da censure - valutati dai giudici della riparazione come tali da necessitare l’intervento dell’autorità giudiziaria a tutela della comunità, perché idonei a creare una situazione di allarme sociale".
C. B.