MICHELE SCUTO
Cronaca

Mr Savethewall sul pontile. Arte con la ’Guang Rong’: "Sulla parete 20 disegni"

L’artista: "Ci sarà anche il cargo trascinato da rane, animali che mi rappresentano" "Ho sempre lavorato sui pannelli, per me è la prima volta su un muro vero".

L’artista: "Ci sarà anche il cargo trascinato da rane, animali che mi rappresentano" "Ho sempre lavorato sui pannelli, per me è la prima volta su un muro vero".

L’artista: "Ci sarà anche il cargo trascinato da rane, animali che mi rappresentano" "Ho sempre lavorato sui pannelli, per me è la prima volta su un muro vero".

di Michele Scuto

Un muro, un cantiere, una nave arrugginita e l’occasione per riscrivere la narrazione urbana di un’intera città. È a Massa, proprio davanti al pontile, che Mr. Savethewall, uno dei nomi più noti della post street art italiana, sta realizzando in questi giorni il suo primo murale su una parete vera. Un fatto eccezionale, se si considera che questo artista — all’anagrafe Pierpaolo Perretta, comasco, classe 1972 — è conosciuto per aver basato tutta la sua poetica sull’idea di non danneggiare i muri urbani.

Le sue opere, finora, sono sempre state "effimere ma rispettose": interventi realizzati su cartone o carta da pacco, affissi con nastro adesivo removibile e firmati con l’iconico logo "Save the Wall", da cui il nome d’arte. Ma per Massa ha fatto un’eccezione, e l’ha fatto con una visione. Il progetto prevede la realizzazione di venti opere site-specific su una lunga parete di cantiere affacciata sul mare, pensate come percorso narrativo che trasforma un elemento urbano ’provvisorio’ in spazio di dialogo tra arte e cittadinanza.

In particolare, saranno tre i ’momenti’ pittorici principali, ispirati al tema della nave e all’identità marittima della città, accompagnati da cornici, provocazioni, interventi ironici e interattivi. Il tutto, nel pieno stile pop-urbano e concettuale che ha reso celebre l’artista in Italia e all’estero, da Lugano a Napoli, fino alle gallerie di Milano, dove espone accanto a Banksy, Obey e Mr. Brainwash. Lo abbiamo incontrato direttamente sul posto, mentre lavorava al murale, disponibile al dialogo e sempre pronto — pennarello alla mano — a trasformare le idee dei passanti in nuovi spunti creativi.

È la prima volta che dipinge direttamente su un muro?

"Sì, ed è un momento speciale. Io sono nato come artista urbano che non vuole rovinare i muri. Da sempre lavoro su supporti removibili: carta, cartone, materiali che attacco e stacco con nastro adesivo personalizzato. Un gesto simbolico e civile. Ma quando mi hanno chiesto di realizzare un progetto qui a Massa, davanti a un muro temporaneo di cantiere, ho accettato. È la mia prima opera “murale” vera e propria. E ho voluto che fosse un atto di bellezza, non di vandalismo".

Cosa prevede esattamente questo progetto?

"Realizzerò una ventina di interventi lungo la parete, tra illustrazione e scrittura, sempre nel mio stile. Ci saranno tre grandi opere principali: la prima è una nave trascinata via da rane antropomorfe, che sono il mio simbolo da sempre. La nave rappresenta ciò che resta da portare via — la speranza, la trasformazione. Poi ci saranno finte cornici, come fossero quadri da museo, con le mie opere più iconiche. E infine un sistema “ironico” di telecamere disegnate: una riflessione su come l’arte urbana sia ormai osservata, catalogata, istituzionalizzata".

L’arte urbana nei musei: non è una contraddizione?

"La street art nasce libera, spontanea, spesso anonima. Ma io ho fatto una scelta diversa: ho teorizzato quella che chiamo post street art. Significa conservare l’energia e il linguaggio visivo della strada - l’immediatezza, l’ironia, il messaggio forte - ma portarlo in contesti diversi, anche istituzionali. Le mie opere sono state esposte al Musec di Lugano e al Museo Pan di Napoli, anche accanto a Banksy. È una forma nuova: non anarchica, ma ancora potente".

Come sta reagendo la città?

"All’inizio c’era chi diceva: ’Quel muro copre il mare’. Ma in realtà il muro copre due container e una nave da rimuovere. Quando le persone capiscono, si avvicinano, si incuriosiscono, scattano foto, mi parlano. Ho sempre con me un pennarello, raccolgo idee, faccio dediche. In questi giorni sono un artista di quartiere, totalmente immerso nella città".

Che effetto fa lavorare così, all’aperto, in dialogo diretto con la gente?

"È bellissimo. Io vengo da una carriera nel mondo manageriale - ero vicedirettore in Confartigianato - ma ho lasciato tutto per dedicarmi a questo. L’arte urbana è il mio modo di restituire bellezza. A Como ho uno studio sempre aperto: chi vuole entra, disegna, parla, lascia un pensiero. Qui a Massa sto ricreando quello spirito. E vedo che funziona: la gente partecipa, si sente coinvolta".

Perché proprio le rane?

"Sono un simbolo ambivalente: possono rappresentare metamorfosi, ma anche superficialità. Le mie rane portano giacca e cravatta, sono buffe, umane, un po’ ridicole. In un certo senso, ci somigliano".

Cosa accadrà all’opera una volta completata?

"Io rimarrò sul territorio il tempo necessario per completarla tutta, e anche dopo: sarò disponibile, presente. L’intervento resterà visibile fino a quando sarà presente il cantiere. Quando la nave Guang Rong verrà finalmente rimossa e si concluderanno i lavori, anche il muro sparirà — e l’opera sarà smontata e ricollocata altrove, in una nuova sede. In questo senso, l’intervento è temporaneo, ma lascia un segno duraturo nella memoria collettiva".

Cosa spera che rimanga di tutto questo?

"Che rimanga la consapevolezza che l’arte urbana può essere un’occasione. Massa ha un centro bellissimo, ma oggi in parte spento. Se l’arte può riaccenderlo, attrarre sguardi, stimolare pensiero, allora ne vale la pena. Io non faccio polemica, non voglio insegnare nulla. Ma se riesco a trasformare un muro anonimo in un’opera che fa parlare, sorridere e pensare… allora il mio lavoro ha senso".

Michele Scuto