MICHELE SCUTO
Cronaca

Il caso della strada bloccata. Slitta ancora l’udienza contro ’Ultima Generazione’

Gli attivisti avevano di fatto fermato i tir del marmo. Se ne riparlerà a febbraio "Un dissenso pacifico contro l’estrazione e la distruzione delle Apuane".

Gli attivisti avevano di fatto fermato i tir del marmo. Se ne riparlerà a febbraio "Un dissenso pacifico contro l’estrazione e la distruzione delle Apuane".

Gli attivisti avevano di fatto fermato i tir del marmo. Se ne riparlerà a febbraio "Un dissenso pacifico contro l’estrazione e la distruzione delle Apuane".

Doveva essere la prima vera udienza, ma ancora una volta il processo agli attivisti di ’Ultima Generazione’ per il blocco della Strada dei Marmi è stato rinviato. L’appuntamento era fissato per ieri presso il Tribunale di Massa, ma l’udienza è saltata a causa di un difetto di notifica: non tutti gli imputati sono stati regolarmente citati dalla Procura della Repubblica. Proprio per questo il giudice ha disposto il rinvio al 12 febbraio 2026, alle ore 11, incaricando la Procura di procedere con le notifiche mancanti. Il procedimento, aperto a seguito dell’azione dimostrativa avvenuta nel giugno 2022, si trascina ormai da oltre due anni tra rinvii tecnici e passaggi procedurali contestati.

Quella di ieri avrebbe dovuto segnare un punto di svolta, con la discussione dell’eccezione di legittimità costituzionale che i legali degli imputati intendono sollevare contro il reato di blocco stradale. Reato che, secondo la difesa, colpisce strumenti fondamentali di protesta sanciti dalla Costituzione. Al centro del dibattimento c’è infatti il Decreto Sicurezza del 2018, voluto dall’allora ministro Salvini, che ha reintrodotto e inasprito le pene per chi blocca le strade durante manifestazioni non autorizzate, portando la pena fino a 12 anni. Una sanzione che, secondo l’avvocato Luigi Dell’Aquila, risulta del tutto sproporzionata rispetto alla condotta contestata, trattandosi di una forma di dissenso pacifico.

"Parliamo – ha detto – di una norma risalente al 1948, depenalizzata negli anni e riesumata in chiave repressiva con una logica emergenziale e populista". Gli attivisti imputati – tra cui Guido Viero, Michele e Giulio Giuli, e Beatrice Costantino – avevano bloccato per alcune ore la strada utilizzata dai camion che trasportano il marmo dalle cave di Carrara, denunciando la distruzione ambientale delle Alpi Apuane e i rischi per le falde acquifere e per la sicurezza idrogeologica del territorio.

"Un’azione di legittima difesa – ha dichiarato Viero – a tutela delle nostre montagne, che sono un bene comune e una risorsa fondamentale per le generazioni future". La difesa, rappresentata anche dall’avvocata Francesca Trasatti, punta a dimostrare che si è trattato di un’espressione legittima del diritto di protesta, in un contesto dove la strada non fu completamente interrotta e dove il traffico risultò in parte bloccato dall’arrivo successivo dei mezzi pesanti. Il caso di Carrara si colloca all’interno di un contesto nazionale più ampio, in cui l’applicazione del diritto penale a episodi di protesta solleva interrogativi tra studiosi e operatori del settore giuridico. Secondo diverse voci autorevoli, alcune disposizioni normative introdotte negli ultimi anni meriterebbero una riflessione più approfondita per valutarne la compatibilità con i principi costituzionali, in particolare quelli relativi alla libertà di espressione e di manifestazione.

Il rinvio di ieri, quindi, non rappresenta soltanto un intoppo procedurale, ma conferma la complessità di un processo che si muove tra aspetti tecnici, questioni di principio e implicazioni giurisprudenziali ancora in discussione. Per le risposte bisognerà attendere ancora: il nuovo appuntamento è per febbraio 2026.