
La ricerca è stata condotta dal professor Riccaboni e dalla dottoranda Tafani ed è stato è pubblicato sulla rivista “Humanities & Social Science Communications” .
Un importante contributo sull’efficacia delle misure per risolvere la crisi migratoria, arriva dall’ultimo studio condotto da Imt Alti Studi Lucca. La ricerca si inserisce in un tema nevralgico per la società, ed è stato condotto da Irene Tafani, dottoranda della prestigiosa scuola lucchese e dal professor Massimo Riccaboni, ordinario di economia alla Imt ed è stato pubblicato sulla rivista “Humanities & Social Science Communications” di cui la piattaforma “EurekAlert!” dell’American Association for the Advancement of Science ne dà notizia in un estratto. La ricerca parte dagli accordi migratori con Turchia o Libia ed Europa che seguono precedenti accordi.
Si legge nella pubblicazione: "Negli ultimi anni, gli accordi migratori tra Paesi di transito come Turchia o Libia e l’Europa sono diventati la norma come misure di emergenza per cercare di fermare l’immigrazione irregolare; nel 2024 l’Egitto ha ricevuto oltre 5 miliardi di euro per migliorare le misure di sicurezza delle sue frontiere. Questo tipo di iniziative segue come modello l’accordo firmato nel 2016 tra Unione Europea e Turchia per impedire l’ingresso di rifugiati e migranti nell’Ue: la narrazione principale è che tali accordi contribuiscono a ridurre complessivamente l’immigrazione irregolare verso l’Europa".
Grazie allo studio di Tafani e Riccaboni, la ricerca ha il merito "di analizzare per la prima volta gli effetti e l’impatto della storica dichiarazione Ue-Turchia; inoltre emerge che l’accordo stipulato dall’Ue con la Turchia, non solo non ha contribuito a ridurre il fenomeno ma ha anche prodotto, come conseguenze indesiderate, un aumento della migrazione irregolare su rotte alternative e della mortalità dei migranti". Gli autori dello studio di Imt, hanno focalizzato la loro attenzione su una domanda controfattuale, ovverosia che cosa sarebbe successo se l’accordo Ue-Turchia non fosse stato attuato, e quanti migranti avrebbero attraversato i confini dalla Turchia alla Grecia e tutte le altre rotte, e osservando come le nazionalità che costituivano la maggioranza dei migranti che attraversavano il Mar Egeo si siano ridistribuite dopo l’accordo UE-Turchia. Hanno poi utilizzato sia i dati mensili sugli attraversamenti irregolari di Frontex, sia quelli sulle vittime del Missing Migrants Project dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni.
"Lo studio – si legge – ha esaminato i tentativi di attraversamento dal 2011 all’inizio del 2017 lungo cinque principali rotte migratorie nel Mediterraneo e ha confrontato le nazionalità che utilizzavano la rotta del Mediterraneo orientale prima di ottobre 2015". Afferma Tafani: "Il nostro lavoro evidenzia la necessità di politiche globali; non ha senso concludere accordi con singoli paesi e puntare a un unico percorso migratorio; gli accordi bilaterali senza un coordinamento più ampio potrebbero semplicemente spostare i flussi migratori e finire per spingere le popolazioni vulnerabili verso rotte ancora più pericolose".
Infine Riccaboni: "Il nostro studio evidenzia l’importanza di adottare in Europa un approccio politico alle migrazioni basato su dati concreti e su una rigorosa analisi dell’impatto delle politiche". Per Tafani, inoltre, "i decisori politici dovrebbero resistere alla tentazione di celebrare il calo degli arrivi in Grecia senza riconoscere che queste persone non hanno rinunciato alla migrazione ma stanno trovando rotte alternative mettendo a maggior rischio le loro vite nelle acque libiche".