
Lo sportello Ufficio immigrazione della Questura. Il Tar ha annullato gli atti della Prefettura (foto d’archivio)
La Spezia, 2 agosto 2025 – “Sarebbe stato doveroso verificare se, dopo lo stabile inserimento lavorativo raggiunto solamente nel 2022, il cittadino extracomunitario ha commesso ulteriori reati o invece ha serbato una condotta di vita osservante delle leggi e delle regole di civile convivenza. Il mutamento di comportamento, se effettivamente intervenuto, può far ritenere superata la pericolosità sociale desumibile dagli episodi di spaccio e da eventuali altri illeciti consumati negli anni in cui lo straniero non aveva entrate regolari sufficienti per il proprio sostentamento”.
Con queste motivazioni il Tar ligure ha annullato gli atti con cui la Prefettura aveva rigettato l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi lavorativi presentata da uno straniero, invitando gli uffici di governo a pronunciarsi nuovamente secondo le “coordinate” emerse dalla stessa sentenza. La vicenda riguarda un giovane extracomunitario residente nello Spezzino che, giunto irregolarmente in Italia nel 2014 in giovane età, aveva commesso alcuni reati nel marzo del 2016 e nel settembre del 2021, da cui sono generate due condanne irrevocabili per spaccio di stupefacenti di lieve entità, oltre a una denuncia per falsa attestazione in materia di reddito di cittadinanza. Circostanze che secondo la Prefettura (e, prima ancora, per la Questura) sarebbero risultate ostative rispetto al rinnovo del permesso di soggiorno.
Da qui il diniego, che è stato impugnato dal cittadino. Nei giorni scorsi la sentenza, con il tribunale che nell’annullare gli atti prefettizi ha evidenziato che “il giudizio di pericolosità sociale richiede un apprezzamento in concreto dell’attitudine della condotta a costituire una minaccia attuale alla ordinata e pacifica convivenza; le esigenze di tutela della sicurezza devono formare oggetto di bilanciamento con i diritti umani fondamentali dello straniero, con conseguente valutazione della effettiva latitudine e intensità del suo inserimento sociale, familiare e lavorativo, avendo riguardo alla durata del soggiorno in Italia, ai legami di natura familiare, all’impiego svolto e all’idoneità dei redditi percepiti”. Per il Tar, “il decreto prefettizio, così come il provvedimento questorile, sono viziati per carenza istruttoria e motivazione insufficiente, mancando un’approfondita valutazione che tenga conto dell’attuale integrazione sociale e lavorativa dell’interessato”.
Matteo Marcello