MARCO MAGI
Cronaca

Cittadini della musica. L’esperienza della Gosp: "Un mezzo per crescere nel diritto all’inclusione"

Radici e orizzonti della Giovane orchestra spezzina nelle parole di Franceschini "In equilibrio tra rigore e gioco, il suono è una voce e nessuno si sente solo".

Radici e orizzonti della Giovane orchestra spezzina nelle parole di Franceschini "In equilibrio tra rigore e gioco, il suono è una voce e nessuno si sente solo".

Radici e orizzonti della Giovane orchestra spezzina nelle parole di Franceschini "In equilibrio tra rigore e gioco, il suono è una voce e nessuno si sente solo".

Composta da 90 tra bambini e ragazzi, la Gosp - Giovane orchestra spezzina, nasce nel 2013 per volere e col contributo della Fondazione Carispezia in collaborazione con i distretti socio-sanitari provinciali. Un progetto che vede, nel fare musica insieme, uno strumento per crescere e per fornire ai partecipanti un ambiente formativo e di riscatto sociale. Alla direzione generale e quale referente, il docente di tromba, lo spezzino Giovanni Franceschini.

Qual è la filosofia musicale e educativa che guida il vostro lavoro? "La nostra è una visione profonda della musica come strumento di cittadinanza, ispirata all’esperienza di El Sistema: crediamo che la musica d’insieme possa essere uno strumento di inclusione e trasformazione sociale. Non formiamo semplicemente dei musicisti: cerchiamo di educare persone, cittadini capaci di ascoltarsi, sostenersi e crescere insieme".

Il repertorio orchestrale come viene definito? "Intreccia musica colta e musica jazz, pop, musiche dal mondo, sempre con uno sguardo ampio, affettuoso, fiducioso. Scegliamo pagine che possano restare impresse nella memoria emotiva dei ragazzi. Suonare la Sarabanda di Händel, ad esempio, significa toccare una bellezza che parla da sé. Non insegniamo la storia della musica, la facciamo vivere. E se quell’emozione arriva, sarà il ragazzo stesso, magari anni dopo, a voler scoprire chi fosse Händel, cosa c’era dietro quelle note e quella melodia che gli aveva fatto battere il cuore".

In che modo la musica aiuta questi giovani a esprimersi? "La musica è un linguaggio potentissimo, soprattutto quando mancano le parole. Un ragazzo timido, magari segnato da esperienze difficili, può suonare una melodia struggente e sentirsi finalmente visto. Il suono diventa voce, e l’orchestra uno spazio dove nessuno è solo".

Quali strumenti o tecniche pedagogiche usate? "Adottiamo un approccio flessibile e inclusivo. La chiave è l’equilibrio tra rigore e gioco, tra ascolto e metodo. Facciamo molte prove: l’orchestra funziona se tutti imparano a rispettare i tempi, a seguire il gesto, a costruire insieme qualcosa che richiede impegno e costanza. Ma accanto a questo lavoro intenso c’è una grande attenzione alla dimensione relazionale. Utilizziamo il gioco, la condivisione, il supporto tra pari".

Ha notato dei cambiamenti nei ragazzi? "Moltissimi. Alcuni bambini arrivano chiusi, silenziosi, spesso con bassa autostima. Dopo qualche mese cominciano a sorridere, a parlare di più, a prendersi responsabilità. Ricordo un ragazzo che non riusciva a stare fermo dieci minuti: oggi è un punto di riferimento per gli altri, guida la sua sezione con attenzione e dolcezza".

Come si costruisce la fiducia con i ragazzi? "Con tempo, coerenza e presenza. Non si può forzare nulla: la fiducia si conquista con gesti quotidiani, con l’ascolto autentico, con la capacità di esserci anche quando il ragazzo sbaglia. L’orchestra diventa uno spazio prevedibile e sicuro, dove l’errore non è punito ma valorizzato e accolto come parte del percorso".

Che tipo di collaborazione c’è tra voi, i servizi sociali e le famiglie? "Il lavoro in rete è fondamentale. Collaboriamo con servizi sociali, centri educativi e famiglie. Il vero salto avviene quando anche le famiglie si sentono parte del progetto: partecipano ai concerti, aiutano nell’organizzazione, diventano complici della crescita dei loro figli".

Come si gestiscono i conflitti o le difficoltà emotive che possono emergere durante le prove? "Con calma e attenzione. Non reprimiamo le emozioni: le accogliamo, cerchiamo di comprenderle. A volte ci fermiamo, parliamo, cambiamo ritmo. Ogni comportamento è un messaggio, e il nostro compito è decifrarlo. Abbiamo lavorato anche in collaborazione con psicologi o educatori quando necessario".

Come reagisce il pubblico ai concerti dell’orchestra? "La cosa che più ci colpisce è che l’entusiasmo dei ragazzi è contagioso. Anche chi non ha familiarità con la musica classica o orchestrale si lascia rapire dalla loro energia, dalla vitalità che trasmettono dal palco".

Cosa servirebbe per rendere questo progetto ancora più efficace e duraturo? "Negli anni abbiamo avuto la fortuna di ricevere molte sovvenzioni e sostegni importanti, che ci hanno permesso di crescere e di dare forma concreta al sogno della Gosp. Ma ora la sfida è andare oltre, consolidare e ampliare l’impatto. Per riuscirci serve una rete ancora più integrata con il sistema scolastico e con le politiche sociali. Sono fondamentali spazi adeguati dove svolgere le attività, un sostegno economico stabile e strumenti musicali da manutenere o rinnovare. Ma soprattutto serve una visione comune: credere davvero che ogni ragazzo, indipendentemente dalla sua storia, meriti l’occasione di fare esperienza della bellezza, della disciplina e della gioia che solo la musica sa offrire".