
Adriano Panatta e Dario Vergassola
Ameglia (La Spezia), 21 luglio 2025 – Il suo nome è leggenda. E non soltanto per chi ama il tennis. Adriano Panatta trasmette carisma con l’aura che appartiene davvero a pochi eletti e ancora oggi, a 75 anni ha il carisma di una rock star. Non gioca da più di 40 anni ma il suo volto è sempre famigliare grazie alle sue partecipazioni a diversi programmi televisivi e non soltanto sportivi. E’ stato il primo ospite della rassegna “Fiumi di parole” organizzata dal Comune di Ameglia a Bocca di Magra. Sul palco nel ruolo di intervistatore ironico, il giusto, Dario Vergassola che stasera alle 21.30 dopo Panatta, Maurizio Mannoni, Giovanna Botteri incontrerà Vincenzo Schettini nell’ultimo appuntamento della rassegna.
Battute, ricordi ma anche impegno civile come nel 1976 anno della storica vittoria in Cile della Coppa Davis. Un evento accompagnato da polemiche politiche, divisioni e anche di minacce di morte. Panatta ha rivelato anche il motivo della famosa maglietta rossa indossata nel doppio in coppia Paolo Bertolucci. L’amico di sempre che in occasione del compleanno di Adriano ha pubblicato sui social una foto di Panatta circondato da tante eleganti signore di una certa età definendole le ex del festeggiato. Tra poco sarà il compleanno di Bertolucci ed è già pronta la risposta al servizio. Molto interessante come inizio di serata il racconto dalla voce del protagonista della storia della trasferta in Cile.
“La Federazione tennis chiese al Coni cosa fare visto il momento difficile del Cile la palla passò al presidente del consiglio Giulio Andreotti. Nel frattempo il partito comunista clandestino cileno scrisse a Enrico Berlinguer di dare il via libera alla nostra partecipazione perchè non volevano che Pinochet si fregiasse della vittoria in Davis. Nessuno si espose ufficialmente andammo lo stesso. Eravamo più forti dal punto di vista tecnico ma psicologicamente era pesante. Trovammo però un pubblico meraviglioso che non ha mai fatto un minuto di tifo contro”.
Così oltre alla leggendaria vittoria nacque la maglietta rossa.
“La sera prima del doppio chiesi a Paolo Bertolucci di indossarla. Il rosso era il simbolo contro la dittatura, il colore delle mamme e delle mogli che sventolavano in piazza in onore dei propri cari scomparsi. Nessuno però si rese conto del nostro gesto, solo 30 anni dopo lo spiegai a un amico regista Mimmo Calopresti che realizzò il docufilm”. Panatta si è sciolto in una chiacchierata molto amichevole tra gli applausi del pubblico, resistente anche a un improvviso rovescio.. di pioggia.
Come è cambiato il gioco del tennis?
“Noi eravamo pop. Alla fine di ogni partita uscivamo e andavamo tra il pubblico a mangiare un gelato. Adesso è tutto blindato. E’ cambiato anchee il gioco. Ai miei tempi era una danza adesso è una rissa, tiravo il servizio anche a 200 chilometri all’ora e la media del tempo era 180. Oggi questa velocità è la seconda palla di servizio.
Non poteva ovviamente mancare l’accenno al ruolo di Panatta playboy. Vero o falso?
“E’ una leggenda metropolitana, ci siamo divertiti come tutti i ragazzi della nostra età. Sono sempre stato un ragazzo per bene perchè si può esserlo anche dedicandosi da giovane a un certo... settore”.
La chiusura, inevitabilmente è stata su Jannik Sinner il campione che sta infiammando la passione degli sportivi. “Vincerà almeno per i prossimi dieci anni. La sua squalifica per non aver commesso nulla è stata una cosa orrenda, senza senso.” Sta riportando quell’entusiasmo che ricorda gli anni Settanta quando il tennis da sport di elte è diventato popolare perchè lo abbiamo sdoganato io Paolo, Corrado, Antonio i miei compagni di Davis. E sono ancora molto orgoglioso di questo”.