LUCA MANTIGLIONI
Cronaca

Savoia Cavalleria: "Tante criticità. Ma qui le persone si fidano di noi"

Luisa Scoglio fa parte del team direttamente a contatto con la popolazione civile. "Siamo un punto di riferimento".

Luisa Scoglio fa parte del team direttamente a contatto con la popolazione civile. "Siamo un punto di riferimento".

Luisa Scoglio fa parte del team direttamente a contatto con la popolazione civile. "Siamo un punto di riferimento".

KLINE (Kosovo)

Non è semplicemente leggendo ciò che sta scritto nelle pagine della Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell’Onu che si può capire la complessità della missione in Kosovo in cui sono impegnati circa 1200 militari italiani, dei 4700 totali che formano il contingente internazionale. Soprattutto non è scorrendo i punti elencati che si può avere la percezione di una cosa che, invece, è fondamentale: non è solo ’quanto’ si sta facendo, ma è soprattutto ’come’ questi compiti vengono svolti. Non è una considerazione da poco: è ciò che fa la differenza fra l’essere visti come estranei in casa altrui ed essere accolti invece come persone di cui ci si può fidare, sempre e in ogni momento. E come tali trattati. Se sei in un territorio dove basta un niente per far riprendere le armi, la differenza è proprio tanta.

Ci sono anche i militari del ’Savoia Cavalleria’ in Kosovo e a loro – fra gli altri compiti – ne tocca uno delicatissimo: quello di stare in mezzo alla gente per ascoltare i problemi, le esigenze e le richieste delle famiglie. E se non hai la loro fiducia, di certo non vengono a raccontarti gli ’umori’ che circolano. Sono i ’Liaison monitoring team’ e costruiscono ponti (tanto per utilizzare una frase quanto mai opportuna) fra la popolazione civile, le municipalità locali e i rappresentanti della missione ’KFor’. In uno dei 15 team c’è Luisa Scoglio, primo graduato aiutante del ’Savoia’.

"La nostra sede all’esterno della base militare – racconta – è un ufficio nel Comune di Kline. Due giorni alla settimana siamo qui a disposizione dei cittadini che possono venire senza dover prendere appuntamento. Semplici cittadini oppure capivillaggio che vengono a spiegarci ciò di cui hanno bisogno. Da noi si aspettano risposte, perché si fidano. Sanno che li stiamo ascoltando veramente".

I problemi sono ancora tanti. "Quello principale è la mancanza di acqua potabile – spiega Scoglio –. Nei villaggi a volte i pozzi ci sono, ma manca il depuratore. Situazione difficile con l’illuminazione, con intere zone sprovviste di luce, così come rappresenta un grave problema la situazione dei rifiuti: si raccolgono solo nelle città, nella campagna vengono accatastati".

Una parola, un sorriso, la promessa che sì, il loro problema sarà portato sui tavoli dove si prendono le decisioni. La fiducia qui si costruisce così: ascoltando e facendo.

"La popolazione è molto riconoscente nei confronti di militari italiani – dice ancora –. Si fidano sul serio, ce lo dimostrano ogni giorno. Spesso vengono da noi perché hanno bisogno di parlare, di raccontare i periodi bui che hanno vissuto e della speranza che stanno piano piano riacquistando".

E c’è un episodio, fra i tanti, che Luisa Scoglio porta nel cuore.

"Molti anni fa un capovillaggio venne da noi a chiedere aiuto per sua figlia nata con gravissimi problemi neurologici. Ci siamo attivati e la bambina è stata portata in Italia per essere curata, per quello che era possibile fare. Ancora oggi questo capovillaggio ogni volta ci ringrazia con le lacrime agli occhi".

E poi le scuole, le donne, le categorie fragili. "Abbiamo organizzato un corso di primo soccorso per i docenti. In collaborazione con la Croce rossa di Kline abbiamo insegnato ad usare il defibrillatore. Facciamo incontri nei centri antiviolenza e altri con le associazioni che seguono persone con disabilità. Alla fine dell’anno scolastico ci hanno invitati a vedere le recite degli studenti e anche alla giornata per la Festa della donna".

Cose che in certe zone del mondo sono riservate solo agli amici più stretti. Uscendo dal Comune, facciamo due passi in strada. Le divise militari italiane attirano l’attenzione e alcune persone si avvicinano per salutare. Un sorriso, una stretta di mano. Un ’grazie’ detto in italiano. Forse l’unica parola che conoscono bene. O forse la parola che esce dal cuore e dice tutto.