La tradizione a pranzo, ottanta prodotti tipici. Ma 12 sono a rischio e due sono scomparsi

I "Pat" riconosciuti e ancora attivi sono 62: si tratta di specialità ottenute secondo regole tradizionali protratte da almeno 25 anni. Castelli (Coldiretti): "Ruolo chiave nello sviluppo delle filiere"

Grosseto, 30 marzo 2024 – Quando si parla di produzioni tipiche tradizionali la Toscana è terza per quantità di prodotti. Sono ben 467 prodotti tradizionali, e il Granducato è dietro solo alla Campania (601) e Lazio (472). A dirlo è Coldiretti sulla base dei dati elaborati dal suo Osservatorio Strategico relativi al censimento delle specialità ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni.

Anche la provincia di Grosseto di Pat (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) ne può vantare un buon numero. L’elenco è composto da 80 specialità, 12 di queste sono però a rischio, 2 addirittura scomparse e ben 62 attivi cioè che si possono acquistare o comunque trovare in commercio. Se alcuni prodotti sono in fase di ascesa con una richiesta sempre più importante da parte dei consumatori, altri invece rischiano l’estinzione. In Maremma tra i dodici prodotti che potrebbero scomparire ci sono, solo per citarne alcuni, il Pecorino delle cantine di Roccalbegna, l’aglio Rossso Maremmano, il cece di Grosseto, il fagiolo Ciavattone di Sorano, la farina di Castagna dell’Amiata e l’anguilla scavecciata, quest’ultima tipica di Orbetello, che ha una lavorazione molto particolare. Le anguille, selezionate manualmente, vengono sottoposte a pulitura esterna, eviscerazione e risciacquo. Si procede poi alla friggitura e alla marinatura con aceto e sale. Il prodotto così ottenuto viene condito con una salsa piccante, chiamata "ascio", ottenuta facendo bollire vino bianco, o aceto di vino, con acqua, peperoncino, aglio schiacciato, pepe e rosmarino.

Due degli 80 prodotti grossetani invece sono scomparsi e sono il fagiolo burro toscano e la palamita. Del primo, non esiste una realtà produttiva di rilievo; viene prevalentemente coltivato per hobby. Per quanto riguarda la palamita attualmente c’è un solo produttore che ha iniziato, per passione e curiosità, a trasformare questo pesce. C’è la volontà di ricostruire la filiera produttiva, dal pescatore all’azienda artigiana di trasformazione, alla commercializzazione e di valorizzare questo tipo di pesce, nonchè il suo utilizzo gastronomico. Nella zona dell’Argentario se ne producono circa 100 chili all’anno, tutti destinati all’autoconsumo.

Le produzioni tipiche e gastronomiche sono un potente strumento di promozione, la principale porta di accesso al turismo che ha permesso a molti paesi di essere scoperti, apprezzati, ripopolati. È di questa idea Simone Castelli, presidente Coldiretti Grosseto. "Questi prodotti – dice Castelli – hanno anche un ruolo chiave nella crescita e nello sviluppo delle filiere che sono spesso legate a piccole realtà agricole e a particolari momenti della vita delle singole comunità. Insieme al paesaggio, questo enorme patrimonio agricolo ed alimentare, di cui le aziende agricole sono un presidio fondamentale, è parte della nostra identità". Questi prodotti sono importanti al punto da avere un’identità e un riconoscimento geografico ma al tempo stesso una fetta rilevante della biodiversità maremmana e toscana rischia di scomparire dalle nostre tavole a causa di un’offerta standardi zzata che privilegia le grandi quantità e le rese. Da qui l’importanza della filiera corta e dei mercati contadini di Campagna Amica che permettono di valorizzare e commercializzare molte produzioni tradizionali.