BARBARA BERTI
Cultura e spettacoli

L’artigiano del lusso: “A Mandela libero consigliai di vestirsi di nero... Che gaffe”

L’intervista a Stefano Ricci: “Tutto cominciò con le cravatte. “Perché mia madre mi voleva sempre impeccabile”. Oggi veste venti capi di Stato. “Uno mi ha chiesto i pantaloni larghi in fondo stile Grease”

Stefano Ricci è il fondatore e presidente dell’omonima azienda del lusso maschile, conosciuta in tutto il mondo per la sua eccellenza e artigianalità Made in Italy

Stefano Ricci è il fondatore e presidente dell’omonima azienda del lusso maschile, conosciuta in tutto il mondo per la sua eccellenza e artigianalità Made in Italy

Firenze, 8 giugno 2025 – “Firenze è la mia musa, da sempre. Pensi che per le mie prime collezioni mi sono ispirato ai soffitti a cassettoni dei palazzi fiorentini”. Stefano Ricci, fondatore e presidente dell’omonima azienda del lusso maschile, conosciuta in tutto il mondo per la sua eccellenza e artigianalità Made in Italy torna con la memoria agli albori. Dal suo quartier generale alle Caldine, dove la luce naturale illumina tutti gli ambienti – dagli uffici al reparto produzione –, gestisce il suo ‘impero’ con l’aiuto della moglie Claudia e dei figli, Niccolò (Ceo) e Filippo (direttore creativo). E pensare che tutto è nato da una cravatta.

Ci racconta?

“Da bambino mia mamma mi voleva sempre vestito in modo impeccabile. Forse è da lì, anche se allora non lo sapevo, che è partito tutto. Sono cresciuto in via de’ Niccoli, sotto la collina di Fiesole, dove nel 1972 ho trasformato l’attività di famiglia, originariamente orientata ad abiti femminili, in un’impresa. Ero poco più che ventenne ed ero un collezionista di cravatte. Chiesi alla mamma un tavolo da lavoro e lì, con la fidanzata Claudia (oggi moglie, ndr) iniziai a disegnare a mano libera la prima collezione di cravatte. Decisi di spostarmi sul lago di Como, la patria della seta, perché volevo capire come lavoravano, come si stampava un disegno, ricordo giornate infinite a parlare con i tecnici”.

Firenze è la sua inesauribile fonte di ispirazione, ma anche i tanti viaggi…

“Una persona che nasce a Firenze ha un vantaggio: assimila l’essenza stessa della bellezza in maniera naturale. Basta alzare lo sguardo. Ma viaggiare per il mondo, non da turista, è una passione che ho da sempre, solo in Africa sono stato 58 volte, ho girato tutto il Canada. Il primo viaggio lo feci in Sudan, a 27 anni con un amico, andammo nella giungla con una vecchia Land Cruiser, tagliando la foresta. Ogni volta è una scoperta, magari vedo un colore particolare, gli occhi di un animale, il cielo e quando torno ricreo quel colore per una stoffa, per un accessorio”.

Tra i paesi visitati, il preferito?

“Sono innamorato della Tanzania, ci sono stato dodici volte. Lì gli abitanti sono ancora abbastanza incontaminati nonostante il cellulare…”.

Non ama il telefonino?

“Ho un vecchio Nokia, mi basta. Lo smartphone? Solo per vedere le fotografie dei miei nipoti”.

È contrario alla tecnologia?

“No, ma per certi aspetti sono ‘tradizionale’”.

Qualche esempio?

“Ho sempre disegnato a mano libera e continuo ancora oggi, sono un designer, non mi sento stilista. Più che imprenditore mi sento un artigiano che manda avanti l’azienda come un padre di famiglia. Conosco tutti i miei collaboratori, finché erano cento (oggi più di 800, ndr) sapevo i nomi di ognuno. Nella sede delle Caldine lavorano circa 300 persone e almeno una volta la settimana tutta la famiglia pranza in mensa insieme a loro. Ho grande rispetto per chi lavora”.

La difesa di una produzione artigiana Made in Italy è un suo mantra?

“Assolutamente sì. Ne è un esempio ‘Classico Italia’ che fondai nel 1986 e per quarant’anni ha raccolto i migliori produttori dell’autentico Made in Italy. Con quest’iniziativa salvammo la moda uomo mentre tutto il fashion system veniva risucchiato a Milano. Poi qualcuno non è stato in grado di portare avanti quel consorzio... Comunque non pensiamo al passato. In azienda tutto viene cucito rigorosamente a mano, si realizzano pezzi unici negli argenti che vivono dell’antica tradizione del cesello e dello sbalzo a mano. A breve voglio attivare una scuola di sartoria interna perché certi mestieri, anzi saperi, vanno tramandati alle nuove generazioni altrimenti sono destinati a sparire”.

Tra i suoi clienti c’era anche Nelson Mandela…

“Più che un cliente un amico. Ho avuto un bellissimo rapporto con lui. Quando uscì di prigione, era con tutti i ministri e io tornavo da un safari in Zimbabwe. Mi disse di fermarmi da lui. Avevo la responsabilità del suo outfit e mi chiese: ‘Stefano, con l’accento sulla a, qual è il colore più giusto?’. A me scappò: ‘Sul nero va bene tutto’. I vari ministri si irrigidirono, passai dieci secondi di panico, già mi vedevo in un padellone con una mela in bocca a bollire. Fortunatamente lui iniziò a ridere e tutta la delegazione si rilassò. È stata una delle gaffe più grandi della mia vita”.

Oggi veste venti capi di Stato: richieste stravaganti?

“Ho il vincolo di riservatezza. Posso dire che cerco di aiutarli a esprimere il look che accompagna una leadership. Tra questi c’è anche chi vuole i pantaloni larghi in fondo, stile Grease”.

Chi è?

“(Ride) No comment. Ma tanti sono eccentrici. Un magnate indiano ha voluto le giacche di pelle esotica nei colori più sgargianti, ho disegnato per lui tre fibbie e lui ha scelto la più costosa. Spesso, comunque, le richieste fuori dal mondo sono le più stimolanti e divertenti. Una volta però ho detto no a un capo di Stato che voleva lo smoking camouflage”.

Tra poco c’è Pitti Uomo : come è cambiata la moda?

“Il mio primo Pitti è stato nel 1974 e non era in Fortezza, eravamo una quarantina di espositori. In questi anni abbiamo visto di tutto, uomini vestiti da donna, donne vestite da uomo. Sono espressioni che arrivano da chi vuole essere originale a tutti i costi, ma per esprimersi ci sono tante sfaccettature. Oggi c’è poca competenza nel capire cosa c’è dietro la struttura di un vestito, la trama, l’ordito. Onestamente, escluso alcuni della mia generazione, i nuovi, i cosiddetti ‘stilisti’, si preoccupano dell’apparire e non dell’essere”

Se non lavora che cosa fa?

“Ho la passione per le auto storiche, ho fatto dodici volte la Mille Miglia. E poi i viaggi, un amore che ho trasmesso alla famiglia”.

Il posto che non ha visitato?

“L’Antartide ma non mi attira”.

Allora dove vorrebbe andare?

“Sulla luna”.

Chiami Musk.... (Ride)