Scuola, viaggio nelle scuole più multietniche di Firenze: “In base alle parole del ministro Valditara dovremmo chiudere”

Al comprensivo Vespucci gli italiani sono il 30%. Settanta nazionalità diverse convivono al Sassetti-Peruzzi. “Da decenni lavoriamo per favorire l’inclusione. E i risultati sono più che buoni”

Si presume che entro dieci anni, in Italia, ci saranno circa un milione di studenti di origine straniera (Foto archivio Ansa)

Si presume che entro dieci anni, in Italia, ci saranno circa un milione di studenti di origine straniera (Foto archivio Ansa)

Firenze, 29 marzo 2024 - “Considerate le percentuali di stranieri auspicate dal ministro Valditara, noi dovremmo chiudere alcune classi. Oppure direttamente delle scuole”. Sono increduli i dirigenti scolastici fiorentini. “Nessuna polemica - mettono le mani avanti, - ma ci pare che il ministro Valditara parli di una realtà che non esiste”. In base ad un report migranti realizzato nel 2021 dal Comune di Firenze, l’incidenza degli alunni stranieri nelle nostre scuole era del 12,30%. Chiaramente un dato che si differenzia molto all’interno della città.

Ecco che al comprensivo Vespucci, a Peretola, gli alunni fiorentini sono il 30%. Dunque un rapporto completamente ribaltato, se guardiamo alla disposizione sulla composizione delle classi che, da quasi quindici anni, fisserebbe il rapporto massimo consigliato al 30% di studenti non madrelingua. “O dal ministero mi danno il triplo delle classi oppure chiudo - allarga le braccia la dirigente del Vespucci, Francesca Cantarella -. Non voglio certo polemizzare, ma semplicemente fotografare una realtà. Noi abbiamo soprattutto cinesi e peruviani. La nostra è una realtà multietnica da molto tempo e la scuola funziona. Anzi, per noi tutto questo rappresenta un arricchimento. Basti pensare alle feste che organizziamo, dove usi e culture diverse si mescolano”. Certo, il lavoro non è per nulla semplice, dato che durante tutto il corso dell’anno scolastico arrivano bambini che non conoscono la nostra lingua. Il Vespucci ha predisposto un vero e proprio protocollo di accoglienza, con un team di docenti che fanno i piani personalizzati e che valutano anche quale sia la migliore classe per accogliere quel determinato nuovo alunno. Ancora, per tutto il Comune di Firenze svolge un ruolo fondamentale il centro Gandhi, impegnato nell’alfabetizzazione, anche nelle ore curriculari, là dove lo studente non conosca l’italiano. “In 2-3 mesi mediamente il bambino inizia a capire la nostra lingua - prosegue la preside -. Poi, certo, molto dipende dalla famiglia e da quanto si sforzi di parlare italiano a casa”. “Sempre più fondamentale è il ruolo del docente - aggiunge Cantarella -. Io ho degli insegnanti davvero favolosi. Trasmettere conoscenza ad una platea di alunni così differenziata è complicatissimo. Ci vogliono tanta passione e buona volontà”. Al comprensivo Beato Angelico, a Novoli, gli stranieri sono più del 30%. Ce ne sono di più all’infanzia e alla primaria, per poi diminuire alla secondaria di primo grado. “Mi chiedo come il ministro intenda dare attuazione a questa sua ipotesi - osserva la preside, Paola Mannara -. La realtà è questa da decenni. La mia scuola, e non solo, si è specializzata anche per favorire il processo di inclusione attraverso piani didattici personalizzati e i corsi di alfabetizzazione. Il clima è buono. Da noi convivono parecchie etnie: dal nord Africa all’Europa dell’est per finire all’Asia”. Da sempre simbolo di inclusione è l’istituto Sassetti-Peruzzi. “Abbiamo una presenza di stranieri intorno al 50%. Le parole del ministro sorprendono non poco - osserva il dirigente, Osvaldo Di Cuffa -. Ricordo che tempo fa fu proprio il ministero a svolgere un’indagine. Emerse che le scuole multietniche come la mia sono l’8% in Italia. Detto questo, noi facciamo corsi di italiano e abbiamo docenti con una formazione specifica. Ci aiuta molto il progetto delle classi aperte per lavorare contemporaneamente su più livelli, aiutando chi ha più difficoltà senza penalizzare chi invece ne ha meno. Io ho una settantina di nazionalità diverse. Il clima di convivenza è buono ma negli ultimi anni, nell’ambito di un aumento del generale clima di aggressività tra i ragazzi, ho visto che le ‘offese etniche’ sono aumentate. Ma stanno diventando un modo di dire. Insomma, capita spesso che gli alunni vengano apostrofati in base alla loro provenienza. Un linguaggio che sta diventando uno standard. Detto questo, noi siamo sempre molto attenti nel monitorare i comportamenti dei ragazzi e nell’intervenire là dove è necessario”.

è arrivata su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro