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Crisi Covid, a Firenze giudice ferma sfratto di un ristorante

Manca però una legge in materia

La protesta fuori dal tribunale (foto Giuseppe Cabras/New Pressphoto)

Firenze, 27 aprile 2021 - "E' andata bene, la richiesta di sfratto è stata respinta dal giudice". Ora le parti dovranno trovare un accordo entro il 28 ottobre "in attesa che si possa ricominciare a lavorare e pagare" l'affitto dei locali. Lo racconta Oliver Gervasi, titolare del ristorante Gervi's, a Firenze, al termine dell'udienza in tribunale.

"Il giudice non stabilirà il canone dovuto" e in questo "si è lamentato del fatto che non ci sia una legge in merito, come invece esiste per gli impianti sportivi". Alla proprietà, aggiunge, "avevamo proposto il 60% dell'affitto, che e' stato pagato fino a ottobre. Non per sempre, ma per il 2020 perché non è che volevo ridiscutere il mio contratto. Eravamo anche andati in mediazione", ma non c'e' stato nulla da fare, la soluzione è stata rifiutata. Così la questione è finita in tribunale, con tanto di presidio dell'associazione Tni-Italia davanti al tribunale.

"Giustizia è fatta", esulta Pasquale Naccari, il presidente della sigla. Che però avverte: "Gli sfratti esecutivi sono bloccati, ma nei tribunali le udienze per validarli vanno avanti. Quando si sbloccheranno i provvedimenti cadranno sulla testa degli imprenditori come una mannaia". Naccari, quindi, si sofferma sul caro affitti, uno dei problemi più urgenti che sta impattando sul settore della ristorazione e, più in generale, del commercio. Nella contrapposizione tra proprietari dei fondi e piccoli imprenditori "ci chiediamo dove siano finite le istituzioni. Si parla del piano nazionale di ripresa e resilienza da 250 miliardi, quando non riusciamo a sostenere una famiglia di quattro persone? E' ridicolo". All'ex premier Giuseppe Conte "a novembre abbiamo fatto una proposta di buonsenso: il 30% del credito d'imposta ai ristoratori ma da restituire in contanti al proprietario dell'immobile; un altro 30% del credito da girare direttamente al proprietario; il 20% lo avremmo messo noi imprenditori, di tasca nostra. In questo modo il proprietario avrebbe avuto l'80% del suo fatturato nell'anno della pandemia".

Questa la formula proposta da Tni, anche se, al di là di quote o percentuali, il punto vero per Naccari resta rendere obbligatoria la soluzione che si struttura sul credito d'imposta e "non lasciarla al libero arbitrio delle parti. Così si crea solo contrapposizione".