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Cronaca

Scuola, la protesta degli insegnanti precari: “Noi, senza stipendio anche per cinque mesi”

Si tratta degli insegnanti chiamati per le supplenze brevi. Oggi sit-in davanti al liceo Machiavelli-Capponi. Ecco le loro storie

La protesta al Machiavelli-Capponi

La protesta al Machiavelli-Capponi

Firenze, 13 gennaio 2023 – Quando il peggior datore di lavoro sembra proprio lo Stato. Pare impossibile, ma da anni centinaia di docenti precari, che lavorano tramite le cosiddette supplenze brevi, non percepiscono lo stipendio anche per cinque mesi. Poi, sia chiaro, i soldi arrivano. Ma questi ritardi, sommati alla più totale incertezza riguardo a quando sul conto corrente arriverà il dovuto, gettano nello sconforto i professori, che si sentono umiliati ogni giorno di più. Stamani, davanti al liceo Machiavelli-Capponi, c’è stata la prima protesta, almeno a livello fiorentino, in sostegno a questi docenti, vittima di assurdi inghippi burocratici che, dalle segreterie scolastiche, arrivano fino al Ministero dell’Economia e delle Finanze. 

La protesta degli insegnanti in piazzetta Frescobaldi

“Docenti supplenti senza stipendio. Ministero dell’istruzione e del demerito”, si legge su uno striscione. E ancora: “Supplenti senza stipendio. Vergogna di Stato”. “Abbiamo deciso di organizzare quest’ora di reale educazione civica per dare tutto il nostro appoggio ai colleghi che vivono questa umiliazione”, dicono ad una sola voce i tanti prof ormai di ruolo scesi in piazza per condividere il grido di rabbia e di dolore dei colleghi.

Ma com’è possibile che accada tutto questo da più di dieci anni? “Una vergogna infinita - si sfogano i prof -. Chi viene chiamato per le supplenze brevi non sa mai quando verrà pagato. C’è chi aspetta di ricevere lo stipendio di uno, due, tre, anche cinque mesi”. Julie Ohrensstein è lettrice di francese al liceo Machiavelli-Capponi. 45 anni, ha un marito, un figlio adolescente ed un mutuo da pagare. “Eh, sì, gli italiani dovrebbero imparare dai francesi quando si tratta di alzare la voce e di manifestare come si deve”, sospira. Ma nonostante le delusioni, non cambierebbe mai la sua vita qui in Italia. “Vivo nel Valdarno, a Incisa, e pago 60 euro al mese solo di treno - racconta Ohrensstein -. Senza contare poi che spesso devo trattenermi il pomeriggio a scuola per scrutini e consigli di classe. Dunque, devo aggiungere la spese per il pranzo. Io, per ora, ho ricevuto lo stipendio per una settimana di settembre e per il mese di ottobre. Stop”. “E sono fortunata perchè so di colleghi che da settembre non hanno ricevuto un centesimo - prosegue la docente -. Non è concepibile che lo Stato non ci paghi. E’ scandaloso per un Paese come l’Italia”. Julie ammette di esser “sotto di 2mila euro” e di aver dovuto “chiedere un prestito di mille euro alla banca”. Non solo. “Ho anche dovuto rimandare delle visite specialistiche”. “Mi sento profondamente umiliata”, afferma. E aggiunge: “Ma non posso certo riversare sui ragazzi la mia frustrazione. In classe, mi vedranno sempre motivata e col sorriso”. Prospettive per il futuro? Julie allarga le braccia: “Non nutro speranze per il prossimo concorso, dato che ci saranno tre posti per le secondarie di primo grado e uno solo per quelle di secondo grado. Beffa delle beffe, per ottenere i crediti devo anche spendere 2500 euro di formazione, da fare a Siena”.

Silvia Bua insegna Scienze ed ha 32 anni. “Vivo a Sesto Fiorentino e dal 5 ottobre sono al Machiavelli-Capponi - racconta la docente -. Non ho percepito lo stipendio per tre mesi. Poi, il 28 dicembre è arrivato tutto quel che dovevo avere da settembre. Ma così proprio non va. Per fortuna mio marito lavora ed ho le spalle coperte da lui, anche perchè abbiamo un bimbo piccolo. Ma non è dignitoso lavorare senza avere uno stipendio regolare. Dobbiamo essere regolarmente retribuiti come tutti i colleghi. E si deve esser riconosciuti per quello che facciamo”. Cambierà strada? “Assolutamente no - risponde decisa -. Insegnare è la mia vocazione. Sono nata per questo. Quel che sta accadendo non mi fermerà. Ma, certo, incide sul mio stato d’animo e non è cosa da poco”. Pieranna Mezzapelle, docente di Storia dell’arte, manifesta per sostenere i colleghi. “Anch’io più di dieci anni fa ho avuto lo stesso problema - racconta -. Sono stata più di cinque mesi senza stipendio. Avevo appena partorito e un mutuo da pagare. È stata dura. Andai personalmente all’ufficio scolastico col bimbo nel passeggino per cercare di capire dove fosse il problema. Poi, per fortuna, la situazione si sbloccò”.