
Vigili del fuoco impegnati dopo il crollo di piante (archivio)
Firenze, 15 giugno 2025 – Ogni estate, puntuale come il caldo, tornano i titoli di giornale sull’ennesimo “ramo caduto all’improvviso”, spesso accompagnati da immagini di parchi transennati e cittadini preoccupati. A volte, purtroppo, si contano anche feriti o danni.
Le domande si moltiplicano: “Chi doveva controllare?”, “L’albero era malato?”, “Si poteva evitare?”. Ma esiste un fenomeno ben documentato, per quanto ancora poco compreso dalla arboricoltura, che sfugge a ogni prevenzione: il “Sudden Branch Drop (Sbd)”, ovvero la caduta improvvisa di branche di grandi dimensioni da alberi apparentemente sani, spesso in giornate calde e senza vento. Il “Sudden Branch Drop” non è un mito urbano né una scusa dei tecnici.
È una dinamica reale, osservata da decenni in tutto il mondo, anche se ancora oggi poco studiata. Si manifesta in genere nei mesi estivi, in condizioni di calma atmosferica, spesso in assenza di segni premonitori. Gli alberi coinvolti sono generalmente adulti o maturi, di grandi dimensioni, appartenenti a specie diverse e spesso le branche cadute non mostrano segni evidenti di difetti meccanici o patologie. Le ipotesi avanzate sono molte: accumulo di tensioni interne nel legno, variazioni rapide di temperatura e umidità, formazione di sacche di gas, modifiche nella pressione idraulica interna. Ma nessuna di queste è stata finora confermata in modo definitivo. Mancano studi su larga scala.
Dopo ogni evento, parte la richiesta rituale: “Controllare tutti gli alberi!”. Ma controllare cosa, esattamente? La domanda è tanto comprensibile quanto ingenua. In una città di medie dimensioni, il patrimonio arboreo può contare decine o centinaia di migliaia di alberi, ciascuno con decine di branche.
L’idea che si possa “verificare” una per una ogni branca di ogni albero è logisticamente e economicamente impossibile, a meno di immaginare una città-parco sotto costante monitoraggio tecnico, cosa che non esiste in nessuna parte del mondo. Inoltre, i controlli visivi o anche strumentali, per quanto accurati, non sono in grado di rilevare segnali premonitori del “Sudden Branch Drop”, proprio perché questi segnali – per quanto ne sappiamo – non esistono, o non sono riconoscibili allo stato attuale delle conoscenze.
Il “Sudden” non è il sintomo di trascuratezza, ma un limite naturale della nostra capacità di controllo. E allora come agire? In primis occorre consapevolezza nell’accettare il rischio residuo: come per ogni infrastruttura, anche il verde urbano ha un rischio intrinseco. L’obiettivo non può essere l’azzeramento del rischio, ma la sua gestione razionale. In secundis servono studi interdisciplinari su biomeccanica, fisiologia vegetale, ecologia urbana e climatologia. Solo così potremo capire davvero cosa accade nelle ore che precedono questi eventi. Infine, i cittadini devono essere informati sul fatto che gli alberi sono elementi vivi, non statue inerti. La loro presenza porta benefici enormi, e qualche rischio residuale è parte del “patto” che la città stringe con la natura.
* (Professore di Arboricoltura e Coltivazioni Arboree all’ Università degli Studi di Firenze)