
Un turista in piazza del Duomo cerca riparo dal sole sotto a un foulard
Codice rosso per allerta caldo fino a Ferragosto in città. Il verdetto è arrivato ieri nel nuovo bollettino elaborato dal dipartimento di epidemiologia del Lazio che conferma la massima attenzione per le prossime 48 ore. Ieri la centralina della stazione Orto Botanico ha sfondato il muro dei 40 gradi con un picco di 40,4 gradi raggiunto alle 15.15. L’infilata di bollettini rossi va ormai avanti da sabato scorso e, probabilmente, durerà fino alla fine della settimana quando si assisterà a una flessione delle massime. Massime che, per un pelo, negli ultimi sei giorni, non hanno superato il record storico del 26 luglio 1983 quando l’Osservatorio Ximeniano registrò la temperatura monstre di 41,6 gradi. E proprio le rilevazioni storiche dell’Osservatorio Ximeniano che per primo nella storia e con regolarità, ha iniziato a registrare le temperature cittadine, aprono una finestra sui cambiamenti del clima in riva d’Arno.
Aiutando a capire come, in certi casi, massime del passato e minime del presente si avvicinino pericolosamente. Un esempio? Nel 1821 la massima in città fu trascritta l’11 agosto con 29,4 gradi. Un dato che oggi sarebbe ossigeno puro per Firenze. Ma che, guardando bene in pratica è appena 5 gradi in più della minima di 24,3 gradi registrata ieri alle 5 di mattina all’Orto Botanico. Il trend dimostra come il cerchio è a pochi gradi dal chiudersi. I 40 gradi erano quasi sconosciuti nel 1800 e furono registrati nell’anno della proclamazione dell’Unità d’Italia, per la precisione il 13 agosto del 1961 con una massima di 40 tondi. Un caso più unico che raro visto che per ritrovare una temperatura simile si dovrà aspettare proprio il record del 1983 con gli ormai ’famosi’ 41,6 gradi. Negli anni del Dopoguerra e del boom, la città registrò temperature idilliache. Dal 1940 al 1957 le massime non superarono mai i 40 gradi con un range che va dai 31,8 del 28 luglio 1940 ai 39,9 del 10 agosto 1956. Mentre dagli anni ’60 fino al 1983 veleggiarono su una media di 35 gradi. Fino alla lenta crescita dal 2003 in poi. Ma il cambiamento climatico ha eroso anche le minime che da rigidissime sono diventate più miti. Così come le nevicate.
I dati di quest’ultime raccontano un pianeta cambiato nella fibra, anche in riva d’Arno. Nel 1874 i giorni di neve erano almeno due l’anno, in genere a gennaio e a marzo. Quell’anno furono due, per arrivare a 5 l’anno dopo, fino al record del 1895 con ben 14 giorni (4 a gennaio, 8 a febbraio e 2 a marzo). Lo stesso vale per il 1900 che vide l’ultima ’vera’ gelata Arno, quella del 1929 con il corso del fiume completamente ghiacciato in tutta la città (e non parzialmente come nel 1985). I maggiori giorni di neve si registrano proprio nel ’secolo breve’.
Come nel 1904 quando la bianca visitatrice tormentò Firenze per 11 giorni in totale (3 a gennaio, 2 a febbraio, 2 a marzo, 2 ad aprile e 2 a novembre). Dall’inizio del secolo fino almeno al 2010 la media è stata di uno o due giorni all’anno. L’ultimo botto è nel 2001 con 6 giorni di neve complessivi, poi il decalage: dal 2010 a oggi le nevicate complessive sono state soltanto 6 spalmate però su 15 anni. E le minime annue?
Nel 1800 il record sono stati i -12,9 gradi del 10 dicembre 1849 seguito dai -7,9 gradi del 1853. Per trovare numeri simili durante il 1900 si deve scorrere la macchina del tempo fino al rigido inverno del 1956 con -10,6 gradi registrati dall’Osservatorio Ximeniano il 16 febbraio che diventarono -11 gradi dell’11 gennaio 1985: l’anno dell’ultima vera gelata dell’Arno.
Scorrendo invece i dati elaborati dal Lamma sulla base della rilevazione della stazione, stavolta di Peretola,si osserva come l’erosione delle minime abbia mangiato almeno due gradi a dicembre passando dai -3,1 gradi medi di dicembre 1991 ai 4,1 gradi di minima media del dicembre 2020. Stesso discorso vale con le massime medie in salita: l’agosto del 1991 ebbe un valore di 33 gradi, quello del 2020 di 34 gradi. Istantanee di un tempo che oramai è irrimediabilmente trasformato.
A partire dall’anno scorso quando, proprio il Lamma, lanciò un segnale d’allarme: il 2024 è stato il primo anno in cui a livello globale la temperatura media ha superato la soglia critica di +1.5 gradi fissata dagli Accordi sul Clima di Parigi del 2015. I patti della comunità internazionale sottolineavano la necessità che questo incremento di temperatura non venisse raggiunto prima del 2030 e che non diventasse costante, cosa che ad oggi appare molto più probabile di 10 anni fa. E intanto la corsa verso il caldo continua.
cla.cap