
Immagine d’archivio di una farmacia. Al Meyer sperimentato un nuovo medicinale
Il trattamento effettuato al Meyer di Firenze, tra i primi in Italia, segna una vera rivoluzione per il diabete di tipo 1: è stato rimandato di qualche anno l’insorgere della malattia in un paziente di 13 anni. Il bambino è stato sottoposto a un’infusione endovenosa di teplizumab per 14 giorni e ha effettuato un monitoraggio clinico quotidiano, anche attraverso esami di laboratorio. Ora è a casa, sta bene, non ha avuto reazioni avverse. In futuro avrà il diabete, ma non subito.
"Ritardare anche solo di pochi anni l’insulino-dipendenza e mantenere una seppur ridotta funzionalità beta cellulare residua è fondamentale soprattutto in età pediatrica – spiega il dottor Lorenzo Lenzi, attuale responsabile facente funzione della diabetologia dell’AOU Meyer –: diminuire il tempo di esposizione all’iperglicemia, all’ipoglicemia e alla variabilità glicemica significa ridurre le complicanze croniche, significa migliorare la qualità di vita, ma anche migliorare le performance fisiche e psicologiche di quel bambino". Il teplizumab - arrivato in Italia lo scorso anno - riduce l’aggressività dei linfociti T verso le cellule beta, quelle che producono l’insulina, portando così a un ritardo nell’inizio della dipendenza dalla stessa. Il diabete mellito di tipo 1 infatti nizia anni prima della comparsa dei sintomi tipici: nel sangue si ritrovano anticorpi che testimoniano l’aggressione autoimmune dell’organismo verso le cellule del pancreas, produttrici di insulina (cellule beta). Ora, grazie anche all’esperienza positiva del Meyer, è possibile intervenire con un farmaco che agendo sul sistema immunitario rallenta la distruzione delle beta cellule: si ritarda così l’esordio clinico del diabete.
Un risultato che ha anche un effetto indiretto: incentivare l’intercettazione dei soggetti a rischio in tempi rapidi per prevenire l’esordio, ridurre il tempo di iperglicemia che precede la diagnosi, iniziare eventuali trattamenti immunomodulatori quanto prima attraverso gli screening di legge e sulle persone con familiarità o categorie con patologie correlate come celiachia, tiroidite, artrite idiopatica giovanile, psoriasi, vitiligine. Il primo paziente sottoposto a questa nuova terapia al Meyer, tra i primi in Italia, è stato scelto tra 100 bambini positivi agli anticorpi anti beta cellula e reclutati dalla diabetologia per questa loro caratteristica.
Al trattamento, approvato dalla direzione sanitaria e autorizzato dal Comitato etico, è stato coinvolto un team multiprofessionale di pediatri diabetologi, internisti, immunologi, personale infermieristico del reparto e della ricerca e farmacisti. Ha assistito anche un medico speciale: la dottoressa Sonia Toni, oggi in pensione, ma per 40 anni cuore della diabetologia.
Manuela Plastina