
Dalla piazza alle vie vicine: come cambia la percezione
"Qui non è il Bronx". Alessandro Biagiotti, presidente del centro commerciale naturale e proprietario della cartoleria in piazza San Jacopino, difende il suo quartiere. Non ci sta con un tipo di narrazione che lo disegna come sotto scacco della microcriminalità. "Massima solidarietà per la commerciante. Ma quello che è accaduto sabato può accadere, e accade, ovunque e a chiunque. Sono episodi, che tra l’altro non avvengono solo qui - commenta - Non facciamo allarmismo, che poi si rischia di avere l’effetto contrario, ovvero svuotare la zona e i fondi. E poi precisiamo: non è corretto parlare di San Jacopino per raccontare realtà come Toselli o via Baracca. Se si parla di Quartiere 1 alzo le mani, in certe zone c’è degrado effettivamente, ma qui in piazza è tranquillo anche fino a tarda sera".
A rimarcare il concetto è anche Marco Sassi, titolare del bar in piazza San Jacopino: "Certo non è un’isola felice, ma nessun quartiere lo è. I problemi sono più in direzione Cascine, ma da sempre. Sono qui da 30 anni e certe cose sono sempre accadute, forse ora un po’ di più. Anche io ho subito una spaccata, ma questo non identifica un quartiere come pericoloso".
Da un giro tra le attività, viene fuori un quartiere spaccato, diviso da un’invisibile linea di confine che delimita la piazza dalle vie limitrofe. Sono solo 10 minuti di camminata (3 se si va in macchina), eppure la percezione della sicurezza cambia notevolmente tra i commercianti del ’triangolo’ incriminato. Al di là del marciapiede dove si trova l’attività colpita sabato sera, c’è un negozio di articoli per la casa e oggettistica varia che è stato preso di mira in più occasioni. L’ultima circa una settimana fa, quando in due, entrambi minorenni, hanno portato via due flaconi di spray al peperoncino dagli scaffali vicino la cassa. "Li abbiamo rincorsi e siamo riusciti a recuperarne uno, ma subito dopo hanno rubato il portafogli ad un’anziana signora per strada - racconta Simone Wang -. Un’altra volta, invece, sempre il solito è andato dritto al reparto cucina e si è nascosto un paio di coltelli nei jeans. In quel caso abbiamo evitato di seguirlo o fermarlo, per paura che potesse usare il coltello contro di noi".
Dall’altra parte della strada c’è chi si barrica dentro il negozio quando lavora, proprio per paura di incursioni. "Mia figlia chiude a chiave la porta - racconta la commerciante Antonella Barbaro -. per evitare incontri spiacevoli. Mi è capitato di avere a che fare con personaggi che entrano a chiedere soldi e che di fronte al rifiuto reagiscono aggredendo verbalmente o danneggiando quello che hanno a portata di mano. Per non parlare di viale Redi. Lì c’è da avere paura".
te.sca