
Niccolò Ciatti aveva 22 anni quando venne ucciso durante una vacanza in Spagna
Il lavoro del cronista è legato da sempre alle tragedie che colpiscono le persone. Chi si occupa di cronaca durante la sua carriera ha il compito di raccontarle, spiegarle, analizzare i fatti e poi riferirli al lettore. (...) Gli articoli di giornale, la carta stampata, hanno ancora questa forza: cristallizzano il tempo, permettono di elaborare un fatto drammatico, restano per sempre come un memento. Parole che si leggono e si rileggono. Parole che magari non aiutano a trovare un motivo, ma accompagnano le persone in un cammino che dal dolore porta alla consapevolezza.
È una grande responsabilità quella che si assume il cronista, con un prezzo da pagare: le tragedie, i fatti più dolorosi, entrano anche nella vita di un giornalista e non vanno più via. Sono in fila, lì, nell’armadio della memoria, e ci accompagnano per sempre. Ne ricordiamo i dettagli, proprio perché siamo tenuti ad approfondirli, e dopo tanti anni siamo ancora segnati da quegli eventi, da quella sofferenza che è in parte anche in noi e vi rimane.
Niccolò è stato ucciso nella notte dell’11 agosto del 2017. Di quei giorni ricordo esattamente l’atmosfera pesante che si respirava a Scandicci, il dolore di una comunità interamente coinvolta e stretta in un grande abbraccio nei confronti della famiglia Ciatti; l’impegno delle istituzioni per fare sì che Niccolò potesse tornare a casa per ricevere il saluto che meritava. (...)
Ho accettato di raccontare la drammatica vicenda di Niccolò Ciatti per cercare di essere nel mio piccolo uno strumento di memoria. Perché restasse traccia attraverso questo libro, della storia di un ragazzo ucciso barbaramente nel fiore degli anni, del dolore composto dei suoi familiari, e soprattutto della loro determinazione ad avere giustizia, che si è scontrata con la leggerezza del sistema giudiziario spagnolo, e purtroppo anche con i cavilli di quello italiano, che ha permesso all’assassino di Niccolò di uscire dal carcere e successivamente rendersi irreperibile.
In questi sette anni di processi a cavallo tra Spagna e Italia, la giustizia sostanziale è diventata un concetto relativo. Certo, ci sono state due condanne (15 anni in Spagna, 23 in Italia) e una sentenza irrevocabile della Cassazione italiana per l’assassino di Niccolò, ma lui è ancora latitante. E a otto anni da questo terribile evento, non c’è ancora una parola fine che possa consegnare ai familiari della giustizia almeno la percezione.
Sui muri di Scandicci, città dove è cresciuto Niccolò e dove vive ancora la sua famiglia, e di Firenze vengono affissi continuamente degli striscioni: "Giustizia per Niccolò Ciatti", e "Non dimenticatemi". Questo libro vuole essere un contributo ulteriore. Una pietra d’inciampo per ricordare con quale facilità la vita di una famiglia può essere squassata da un’immane tragedia, come i sogni e le aspettative di un genitore per il proprio figlio possano essere vanificati in una notte d’estate per mano di un assassino.
Ricordare è opportuno, tutti noi lo dobbiamo a Niccolò, che ha pagato con la vita, incolpevole, la follia di chi alla vita non ha mostrato di dare alcun valore. Le terribili immagini di un video ci hanno consegnato il momento in cui Niccolò ha cessato di vivere. Abbiamo il dovere di non lasciarlo andare, di fare sì che il suo ricordo continui a essere vivo, e con esso il messaggio che porta con sé.
Fabrizio Morviducci