
Il duo pisano dei Gatti Mézzi, composto da Tommaso Novi e Francesco Bottai
di Lorenzo Ottanelli
Loro sono "carichi come le strombole". Sono i Gatti Mézzi, che tornano live con un’identità tutta pisana, accompagnata da uno swing inconfondibile. Dopo otto anni di stop, è un modo per celebrare i 20 anni dal loro inizio, quando Tommaso Novi e Francesco Bottai avevano 26 e 28 anni. Una serie di date, tutte toscane, che partono stasera alle 21,15 al Parco mediceo di Pratolino e che li vedono a Castiglioncello il 5 agosto, a Gavorrano il 23 e a Pisa il 7 settembre.
Come vivete questa reunion? Novi: "Ritrovarsi dopo otto anni fa bene al cuore, Ci siamo chiesti, infatti, quale fosse la festa più bella da regalare a queste canzoni per i venti anni, la risposta: un tour estivo. Stasera la prima, non vediamo l’ora".
Tornare sul palco insieme dopo otto anni che emozioni vi dà? Bottai: "Singolarmente non ci siamo mai scesi. Tornare insieme sarà emozionante, perché abbiamo trovato un suono e un’intesa forte. Siamo sicuri che il pubblico sentirà la carica".
Com’è celebrare questi venti anni? Novi: "Ho avuto sensazioni diverse in questi momenti di prove e confronti. Le prime canzoni le abbiamo scritte che eravamo ragazzi, con immediatezza. Oggi appaiono sotto un’altra luce. Mi ha commosso, poi, tornare alla genesi dei pezzi. È un po’ la chiusura di un cerchio".
Quanto è importante l’uso del vernacolo oggi? Bottai: "È importante per non perdere i colori, non per una rivendicazione identitaria. Non farlo significherebbe smettere di suonare accordi e pensare melodie. Sono convinto che verrà apprezzata la scelta di suonare i primi quattro album, quelli in vernacolo stretto".
Un genere musicale per il quale siete stati paragonati ai grandi. Novi: "Ci siamo chiesti se ce lo meritavamo. È stata un’idea improvvisa, avevamo un bagaglio di testi, ma cercavamo un punto di incontro musicale. Ci piaceva un certo blues e un certo jazz. Accompagnare un testo semplice e popolare con una musica che sembrava più colta ci ha portato lontano".
Pisa da sfondo. Cos’è Pisa, quindi, per voi? Bottai: "Pisa è confidenza, una tradizione di grande cultura e letteratura, è l’irriverenza degli abitanti, la malinconia che hanno tutti i toscani. In fondo, siamo buffi in reazione a una malinconia intrinseca".
Novi: "La collocazione e la storia della città ne fanno un grande paesone e una piccolissima metropoli. Ciò si porta dietro dei paradossi: da una parte siamo colti, perché viviamo una dimensione universitaria, dall’altro abbiamo i campi fuori dalle mura e la stazione a 50 metri dall’aeroporto".