TERESA SCARCELLA
Cronaca

Firenze diventa la culla della pace. Israeliani e palestinesi in dialogo. Noa: "Aiutiamoli a coesistere"

Ieri a Palazzo Vecchio l’evento per annunciare il festival di maggio, ‘Re-Imagine Peace’ . Sul palco anche Mira Awad, David Grossman, Muhammad Ali Taha e Sarah Mustafa .

di Teresa Scarcella

FIRENZE

"Firenze è il posto giusto dove poter parlare di pace". Ne è convinta Noa (in foto), cantante israeliana schierata dalla parte della pace, protagonista ieri a Palazzo Vecchio per l’evento di lancio del festival ‘Re-Imagine Peace: a light ahead’, sua stessa creatura, che illuminerà la città a maggio 2026.

Sono passati quasi due anni da quel 7 ottobre. Vede qualche barlume di speranza o siamo ancora lontani dalla fine della guerra?

"Non so quando finirà la guerra. La guerra è un incubo, per tutti, per il popolo palestinese e per Israele".

Le proteste del popolo israeliano possono influire sull’opinione pubblica?

"Le manifestazioni sono molto importanti, hanno un impatto. Mostrano lo spirito del popolo israeliano, che non si arrenderà alla follia del criminale governo israeliano. Ammiro anche i gazawi che mettono in pericolo la propria vita e si esprimono contro Hamas e a favore della pace".

Quale pensa che sia l’obiettivo di Netanyahu?

"Vuole evitare la prigione. È corrotto e tutti lo sanno. Per salvarsi sacrificherà fino all’ultimo essere umano in Israele e Palestina. È senza cuore. Lo stesso vale per la leadership di Hamas, che sacrifica il proprio popolo sull’altare della jihad e di una folle ideologia religiosa. Per me, tutti gli estremisti sono uguali".

Si sta verificando un genocidio a Gaza?

"Gli orrori che si stanno consumando a Gaza non possono essere negati. Tuttavia, l’ossessione sul fatto che possano essere definiti “genocidio” rischia di trasformare il linguaggio in un’altra arma di guerra piuttosto che in uno strumento di verità e guarigione. La storia offre dolorosi parallelismi. Raramente c’è stato un intento diretto a eliminare un intero popolo, tranne nel caso nazista contro tutti gli ebrei e nel genocidio armeno. A Gaza, come in Ucraina, sono in gioco l’identità e l’esistenza. Gli israeliani, portatori della memoria dell’Olocausto, vivono le minacce esistenziali come intrinsecamente genocidarie. I palestinesi, traditi dalle potenze coloniali e privati della sovranità, si sentono cancellati e scartati. Entrambi i popoli hanno lottato per cancellare la legittimità nazionale dell’altro. Ciascuna delle parti definisce le azioni dell’altra come genocidarie, giustificando la propria violenza come necessaria per la sopravvivenza. Il termine “genocidio” non risolve la questione e ritengo che la polemica attorno a questo termine ci allontani dal vero lavoro: ovvero fare tutto il possibile per fermare questo incubo".

Come?

"Aiutando israeliani e palestinesi a ripensare la pace, a riconoscere il diritto reciproco all’autodeterminazione e a coesistere come vicini. Due Stati per due popoli, che portino a una confederazione o a qualsiasi altra forma di unione, non sono solo una formula politica, ma l’unica via per allontanarsi dalla distruzione collettiva".