
Roberto Ballerini, 78 anni, nella sua bancarella di cappelli in San Lorenzo (Foto Marco Mori/New Press Photo)
Firenze, 7 agosto 2025 – Roberto Ballerini, nel suo nome c’è la storia del mercato di San Lorenzo. Età, 78, professione commerciante, o meglio bancarellaio iscritto all’albo degli “Esercizio storici fiorentini“. Domani il suo banco compie 80 anni e lui, il cappellaio del rione che ha conquistato bizzeffe di clienti d’Oltreoceano con l’arte antica della lavorazione della paglia, continua granitico a mandare avanti la sua attività. Sole, caldo, pioggia o vento che sia: Roberto è una roccia, ma col sorriso.
Una vita al pubblico, in pensione già da qualche anno, non è stanco?
“Parlo 6 lingue e sto imparando la settima, l’olandese. Per mantenerle devo tenermi in allenamento, non posso certo lasciare! Questa è la mia vita, ho energie e volontà. Dovrei fermarmi?”.
Perché proprio i cappelli?
“Il mio è stato un destino. Sono nato a Campi Bisenzio, in una famiglia di artigiani che vendevano cappelli. Poi ho incontrato mia moglie Primetta che già lavorava in questo banco ed è stato come continuare qualcosa che avevo nelle mie corde. Non avrei voluto fare altro nella vita”.
L’8 agosto del 1945 questa bancarella fa il suo ingresso in piazza. Com’era allora?
“Giulio Rossi, insieme al padre, gestiva la bancarella. Primetta ci lavorava in estate, erano suoi parenti. Un’altra epoca, vendevano anche i duroni di menta. Poi, nel 1975 sono subentrato io e con lei abbiamo avviato la nostra attività. Cappelli, borse... la più cara costava 7mila lire. Erano i tempi in cui il metro che si usava per prendere le misure, si portava a revisionare. Anche per le bilance funzionava così. Ora è cambiato tutto, mia figlia ha anche aperto un sito col mio nome dedicato alla storia dell’attività (robertoballerinihats.com), le cose cambiano e io cerco di adeguarmi, anche se un po’ di nostalgia c’è...”
Per qualcosa in particolare?
“Questo mercato ha dato un’identità potente a Firenze e nel mondo, ma prima ancora per i fiorentini. Negli Anni ’80 abbiamo creato l’Associazione San Lorenzo, riportando in auge la festa del 10 agosto: i ristoranti facevano a gara per preparare il sugo delle pappardelle e portare i cocomeri. C’erano tanti bambini, tante attività, spazi solidali, dedicati allo sport. Era un rione con un cuore pulsante e vivo, vivissimo. Ora i cambiamenti sono sotto gli occhi di tutti, ci si adatta, ma non è sempre semplice. Ho fatto 9 traslochi col mio banco, da Canto de’ Nelli a piazza Madonna, e ora 15 in piazza del Mercato centrale, non mi spaventano le novità. Ma era proprio un’altra epoca, un’altra realtà”.
Cosa cambierebbe?
“Bisogna andare avanti. Certo, da identità che eravamo ora non abbiamo neanche le linee che delimitano i banchi. Credo che andrebbero ripristinate. Come anche l’orario invernale per gli operatori turistici”.
Il suo ricordo indelebile?
“Quanti cassoni ho spinto per trasportare la merce... quel peso me lo ricordo bene. Ma più di tutto l’emozione di avere costruito questo banco con mia moglie: il fabbro ha pensato all’intelaiatura, il falegname ci ha aiutato e noi abbiamo fatto il resto, la mia vita”.