ELETTRA GULLE'
Cronaca

I film del Novecento conservati con un gel. Il progetto dell’Ateneo fiorentino

Ideata da chimici Unifi un’innovativa tecnica per arrestare e prevenire la cosiddetta “sindrome dell’aceto” che degrada le pellicole realizzate in acetato di cellulosa

Il gel per la conservazione delle pellicole si presenta come una spugna

Il gel per la conservazione delle pellicole si presenta come una spugna

Firenze, 29 maggio 2025 – Uno speciale gel per arrestare il degrado delle pellicole. Da Firenze arriva un’importante scoperta per salvare il cinema, arte affascinante e fragile allo stesso tempo. 

Le pellicole utilizzate nella produzione del secolo scorso presentano infatti gravi problemi di conservazione, legati alla natura stessa dei materiali impiegati. Un bel passo avanti nella salvaguardia di questa forma d’arte arriva dall’Università di Firenze, dove un gruppo di ricerca guidato da Emiliano Carretti, docente di Chimica dell’ambiente e dei beni culturali, ha sviluppato una nuova metodologia basata su nanomateriali innovativi. Il lavoro nasce dagli studi condotti da Francesca Porpora, dottoressa di ricerca in Scienze chimiche, e si propone di arrestare e prevenire la cosiddetta “sindrome dell’aceto”.

I risultati della ricerca condotta dal team del Dipartimento di Chimica “Ugo Schiff” sono stati pubblicati su due riviste scientifiche internazionali: Journal of Cultural Heritage e Macromolecular Rapid Communications.

“La sindrome dell’aceto – spiega Carretti – affligge tutte le pellicole in acetato di cellulosa, materiale che funge da supporto per l’emulsione sensibile su cui sono impressi i fotogrammi dei film. L’acetato di cellulosa ha sostituito, a partire dal 1920 circa e  con grande vantaggio per la sicurezza, il precedente supporto in nitrocellulosa, altamente infiammabile – prosegue il ricercatore –, ma è soggetto a una grave patologia: i vapori di acido acetico (di qui il nome della sindrome), che si generano per degrado naturale, innescano un processo che si autoalimenta e che porta rapidamente alla perdita delle proprietà ottiche e di resistenza meccanica delle pellicole colpite, che si deformano o si sbriciolano”.

Finora, il degrado delle pellicole è stato contrastato con l’uso di materiali assorbenti come il carbone attivo, che trattiene i vapori acidi sulla propria superficie, oppure mediante la conservazione in ambienti refrigerati per rallentare il processo chimico. Tuttavia, queste soluzioni presentano limiti evidenti: il carbone attivo si satura in fretta, mentre l’eccessiva sottrazione di umidità può rendere le pellicole fragili e soggette a rotture. Senza contare l’ingente consumo energetico dei grandi frigoriferi.

La nuova tecnica messa a punto dal gruppo fiorentino rappresenta una svolta: è più efficace, meno costosa e più semplice da applicare. “Anzitutto – racconta Francesca Porpora – abbiamo testato un sistema di invecchiamento artificiale che ci ha consentito, in poche settimane, di produrre su campioni di acetato di cellulosa puro e su pellicole sane un tasso di sindrome dell’aceto confrontabile con i casi reali. Contemporaneamente abbiamo messo a punto un protocollo per l’uso di due xerogel (uno contenente nanoparticelle di ossido di zinco e un altro formato da poli-etilen-immina) che si presentano come piccole spugne”.

I test condotti su frammenti di pellicola hanno dato risultati eccellenti, sia in termini di assorbimento dei vapori di acido acetico sia per la prevenzione dell’innesco del processo auto-catalitico che porta al degrado. Alla sperimentazione ha partecipato anche il “Laboratorio di Restauro di Film” dell’istituzione “L’Immagine Ritrovata” di Bologna. “Il passaggio successivo del nostro lavoro – ha commentato Emiliano Carretti – sarà verificare su larga scala i promettenti risultati ottenuti finora, per far sì che veramente il cinema diventi un’arte senza tempo”.