
La nomina di Cavaliere del Lavoro consegnata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Chiara Boni nel 2024
Firenze, 21 settembre 2025 – Da bambina compunta vestita di bianco fino al diciottesimo nel fiorentino Palazzo Corsini con mille invitati – lei e mamma in alta moda Mila Schön – alla ragazza nella Londra del ’67 dove kilt e cerchietto volano via; dalla “regina del ciclostile” di sinistra alla stilista-imprenditrice; dall’assessorato in Toscana alla donna irresistibile in amore. Oggi, spogliata dei suoi ruoli, chi è la Chiara che resta?
"Il frutto di tutte le esperienze vissute. A 77 anni, credo di essere una persona aperta al nuovo, accogliente, curiosa. Sono nata libera. Mia madre, separata nel ’49, mi ha caricato di un peso allora oneroso, ma anche l’opportunità di offrirmi al mondo".
La sua autobiografia, scritta con Daniela Fedi, s’intitola Io che nasco immaginaria. Come si immaginava da piccola e come, invece, tra dieci anni?
"Da bimba, mi immaginavo fatina, principessa, destinata a un amore eterno, ma ogni volta fantasticavo su come mi sarei vestita. Tra dieci anni? Sempre in movimento. O, se devo pensarmi “stanziale”, che sia in un eremo solitario: un turbine di energia e contemplazione in mezzo alla Natura".
A vent’anni andava ai cortei in pelliccia azzurra e di notte stampava i manifesti di Potere Operaio. Quella ribelle vive ancora in lei?
"Un po’ sì. Eravamo rivoluzionari anche nella moda: nel 1971, ho deciso di aprire la mia boutique You Tarzan, Me Jane, in via del Parione, chiamata così per capovolgere la dialettica uomo-che-istruisce-una-donna. Sono stata sempre una femminista molto femminile: non sono concetti contrapposti. I miei amici erano Elio Fiorucci, Adriano Goldschmied – il padre del jeans italiano – Marisa Tadiotto: Facevamo parte di un gruppo, Moda Nostra. Andammo al Pitti per avere uno spazio e l’allora Presidente disse di sì per poi fare marcia indietro. Spiazzati, abbiamo affittato il Circolo dell’Unione per una sfilata che si concludeva con Rino Gaetano che usciva da una torta. Ci venne a riprendere Arbore per L’altra domenica".
La sua moda rimanda all’allegria della seduzione, allo spumeggiare della sensualità. Ci si veste ancora per conquistare o siamo sopraffatti dal politically correct?
"Oggi è impossibile insegnare ai giovani come flirtare. Abbiamo vinto tante battaglie, ma ne abbiamo perse tante. Da giovani, si parlava tra noi ragazze “impegnate” su come poter fare l’allumeuse, quella che accende il desiderio maschile e poi non lo spegne. Erano sguardi, atteggiamenti, movimenti: un argomento oggi tabù".
E di chi è la colpa?
"Degli uomini. Le donne sono andate avanti forse in maniera un po’ troppo aggressiva, ed è un peccato. Ma gli uomini non hanno recuperato il saper corteggiare, l’accettare la loro parte lieve, forse la più vulnerabile, ma anche la più intuitiva e gentile".
La moda funziona come antidepressivo?
"Nei momenti più bui, la moda ha sempre costituito uno dei migliori ancoraggi alla mia parte creativa, che mi dà felicità".
Tra i suoi amori, uomini di potere e di contropotere: il contestatore Vittorio Maschietto, Vittorio Sgarbi, Cesare Romiti… Cosa avevano in comune?
"Nulla. Mi hanno affascinato per modi e motivi diversi. Vittorio era bellissimo, un’esplosione di qualcosa che non conoscevo. Con Sgarbi ho imparato molto e mi ha fatto divertire moltissimo. Cesare era un uomo che sapeva farti sentire al centro dell’attenzione ed era curiosissimo".
Si dice che Romiti l’abbia facilitata. Era presidente della Fiat, ma guidava anche la Gemina, l’azienda che alla fine rilevò il Gruppo Finanziario Tessile che produceva la sua linea…
"…Ed è vero che è successo il contrario. Lui mi ha sedotto quando io ero già nel GFT".
Chi sapeva amare meglio? Il grande manager o il rivoluzionario fascinoso?
"Il rivoluzionario fascinoso. Era un grande amante, è stato il mio primo uomo e il padre di mio figlio Giacomo. Cesare aveva 25 anni più di me, sicuramente ne ero innamorata a livello intellettuale. Mi faceva sorprese meravigliose: la cena dove tutte le pietanze erano a forma di cuore – il simbolo della mia collezione - o dirmi: "Prepara la valigia" per farmi soggiornare nella suite del Ritz che dove aveva vissuto Coco Chanel negli ultimi anni di vita".
Il sesso, nella sua vita, è stato più “prêt-à-porter” o “haute couture”?
"Direi un po’ un misto. Fifty-fifty".
Firenze ha dato più baci o più pugnalate?
"Adoro pazzamente la mia città, anche se, come spesso succede, “nemo propheta in patria”. È l’unico luogo che non mi hai riconosciuto alcun premio per la professione. Però i miei amici sono lì, e per me è la città più bella del mondo".
Cosa ritrova in lei della “fiorentinità”?
"Forse un certo tipo di snobismo: della scarpa non nuova, del non esibire a ogni costo, dell’oggetto all’ultimo grido".
Dal 2000 al 2005, ha fatto politica.
"Sono diventata assessore alla Comunicazione con particolare riferimento allo sviluppo delle nuove tecnologie informative per la Regione Toscana. Mi riconosco un merito: voler fare incontrare i diversi movimenti politici - nel 2001 uccisero Carlo Giuliani al G7 – per cercare di trovare una mediazione".
La scomparsa di suo marito Angelo Rovati l’ha lasciata devastata. A salvarla sono state le amiche, ha dichiarato. L’amicizia femminile è l’elisir contro il dolore, più potente persino dell’amore?
"Le amiche e anche gli amici possono essere miracolosi".
Parlando dell’attuale compagno Fabrizio Rindi, lo ha definito "un angelo mandato da Angelo", un dono del suo secondo marito. Dopo aver vissuto amori tempestosi e dolori profondi, cosa significa amare in modo “adulto” oggi?
"Vuol dire capire che non devi cambiare l’altro, ma essere il suo porto sicuro così come lui lo è per te. Ti devi sentire appoggiata e devi appoggiare".
A chi vorrebbe togliere la parola: a un politico o a un critico di moda?
"A tutti gli ignoranti".
Che cosa consiglierà a sua nipote Bianca, oggi di nove anni, sull’amore e sulle relazioni, quando sarà più grande?
"Per amare davvero prima bisogna imparare a essere liberi. E indipendenti".
Quando si guarda allo specchio vede: una signora elegante, una ragazzina impertinente o una strega che ride?
"Mah. Direi tutte e tre. Ma dentro mi sento sempre una ragazzina impertinente".