
Nel luglio ’81 il gigante dei teatri scrisse a Forte la Lectura Dantis per il primo anniversario dall’attentato
Savadori
Quarantaquattro anni fa, proprio in questi giorni, prendeva corpo quel capolavoro culturale e mediatico che era l’omaggio alle vittime della strage della stazione di Bologna, nel primo anniversario di una delle pagine più buie della storia recente del nostro Paese.
A Forte dei Marmi si realizzava il progetto che sarebbe stato proposto la sera del 31 luglio 1981, a 48 ore dalla prima ricorrenza. Il protagonista era Carmelo Pompilio Realino Antonio Bene. Per tutti Carmelo Bene, mattatore del teatro italiano, un gigante della nostra cultura. Quella afosa sera estiva centomila persone ascoltarono Carmelo declamare la Lectura Dantis dalla Torre degli asinelli, in uno spettacolo che lui aveva preparato nel corso delle vacanze che trascorreva in Versilia.
Un rituale che si consumava nella villa affittata in via della Barbiera, al bagno Graziella o allo stabilimento Dalmazia dove si godeva il mare. Non erano solo vacanze quelle di Carmelo, che faceva le ore piccole a lavorare al fresco, la mattina riposava prima di svegliarsi alle 15 e concedersi un po’ di relax in spiaggia dove riceveva i grandi personaggi in vacanza che erano suoi fans come tante donne che lo amavano.
Accanto a lui Rino Maenza, grande animatore della cultura bolognese che, come Carmelo Bene, aveva la Versilia nel cuore ed è qui che è mancato qualche estate fa. Prematuramente come ci ha lasciato anche Carmelo nel 2002. I due mesi in Versilia erano un periodo per ideare e progettare e quella villa era una farm culturale dove si provavano nuove modalità espressive e dei suoni e grandi monologhi.
Per celebrare un anno da quell’attentato che sconvolse l’Italia Carmelo Bene voleva qualcosa di culturalmente alto ma che fosse accessibile a tutti. Pensò a Dante ben prima di Roberto Benigni.
E non era facile perché in quell’estate ‘81 Bene stava preparando un nuovo allestimento teatrale di Pinocchio. E così fra una prova della voce di Geppetto e le partiture che riguardavano Lucignolo e Mangiafuoco, Carmelo faceva lunghe telefonate con il sindaco di Bologna Renato Zangheri, l’allora direttore di Rai2 Pio De Berti, l’assessore alla cultura di Bologna Sandra Soster. Furono giorni intensi che Carmelo Bene, Rino Maenza e gli altri componenti dello staff vissero in modo anche teso perché nella Rai del tempo c’era chi non amava il grande attore pugliese.
Qualcuno della Dc bolognese lo definì ‘pagliaccio’, ‘istrione’ o troppo schierato ideologicamente. Tanto è vero che la diretta Rai saltò ma lui, Carmelo, non si scompose. Recitò grazie a un impianto di 50 mila watt davanti a una folla oceanica. Dieci frammenti danteschi, otto estratti da altrettanti canti della Commedia, intervallati dalle musiche di Salvatore Sciarrino, e due sonetti (Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io e Tanto gentile e tanto onesta pare).
Non fu una lettura filologica né didattica. Nessun commento o spiegazione. Solo la voce di Bene, amplificata. E alla fine Carmelo donò di tasca sua dieci milioni di lire all’Associazione familiari delle vittime della strage. Dell’evento rischiava di non rimanere neanche un’immagine e provvidenziale fu Rino Maenza che fece registrare delle cassette rvm mentre nelle teche Rai non c’era nulla. Quella di Carmelo fu l’idea geniale di un uomo geniale. Ben prima di Benigni.